L'omelia del vescovo Claudio
Eccomi! Sono Claudio, preso dal Santo Padre Francesco dalla amatissima Chiesa di Mantova, e mandato ad amare la grande e santa Chiesa che vive nel territorio di Padova, ma anche in parte di quelli di Vicenza, Venezia, Treviso, Belluno.
Il Santo Padre mi ha scelto come Vescovo. In comunione ed in obbedienza, i Vescovi del Triveneto sono venuti a Mantova e, uniti al mio vescovo Roberto e al vostro concittadino Egidio, mi hanno imposto le mani invocando su di me lo Spirito del Signore: è una dinamica spirituale di comunione e di fraternità evangeliche.
Così sono Vescovo davvero: Lo sono per designazione della Chiesa e per l’intervento di Dio.
E allora carissimi cristiani e cristiane di Padova: eccomi, sono qui!
Le prime impressioni sono state, a dir poco, di una consolazione straordinaria: ho visto sorrisi, attese, fiducia, speranza. Tutto questo facilita il mio tuffo nella vostra storia, nella vostra vita, nel vostro altopiano e nelle pianure, nella vostra città.
La fatica di lasciare la mia famiglia parrocchiale e diocesana è alleggerita dal calore della vostra attesa ed accoglienza. Grazie. Adesso vivremo insieme «nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, tutti i giorni della nostra vita».
La mia obbedienza assoluta è al Vangelo di Gesù così come la Chiesa me lo ha consegnato. Di Gesù, l’unico Maestro e unico vero Pastore, siamo tutti discepoli. Tra noi invece siamo fratelli e sorelle, incamminati sulla stessa strada.
In alcuni tratti la strada è faticosa, ma sappiamo di poter contare gli uni sugli altri. Anzi perché tutti possano camminare e camminare insieme, il Signore ha costituito ministeri particolari che manifestano la sua volontà perché tutti siano incoraggiati e sostenuti lungo la strada del Vangelo.
Per questo il mio “eccomi” è innanzitutto al Signore Gesù che qui ci ha convocati. Non a voi, ma a Gesù! Il mio legame con Gesù è per me spazio di libertà, di creatività, di novità. E… spazio di profezia!
Lo diranno non tanto le mie parole, ma la mia vita personale. So che questa mia disponibilità sarà misurata da voi, so che il popolo di Dio vede bene e non può essere ingannato dalle moderne strategie comunicative.
Il Vangelo di oggi mi chiama ad andare oltre le mete già raggiunte
Io che sono stato insediato Vescovo, che ho salito la cattedra di Prosdocimo, che presiedo i collegi dei diaconi e dei presbiteri, che ho responsabilità di guida nei confronti delle vostre comunità, della loro vita di carità, di preghiera, di trasmissione del Vangelo, io che riconoscerò nei consacrati e nelle consacrate i doni di Dio per la nostra Chiesa, sono richiamato dal Vangelo non a primeggiare secondo le logiche del mondo, ma secondo quelle del servizio, dell’umiltà, dell’abbassamento. Quelle vissute da Gesù e comunicate alla Chiesa dal suo Spirito.
Ho un po’ di cose da rivedere in me stesso e, prevedo, anche per lo stile del servizio episcopale che mi accingo a svolgere e che conferisce pienezza al mio diaconato e presbiterato. Non mi si addicono, e così deve essere almeno tra noi cristiani, titoli, onorificenze, primi posti. Non posso accettare distanze sociali e di classe. Il Vangelo mi chiede di essere servo! Di essere “ultimo”!
Rinnovo oggi, di fronte alla Chiesa di Padova il mio impegno a seguire fedelmente e totalmente Gesù e il suo Vangelo secondo la misura della fede che mi è stata data e che chiedo di poter aumentare.
Anzi domando a tutti voi di aiutare il mio cammino con preghiere e con vostri suggerimenti, con la vostra santità di vita e il vostro continuo perdono. Soprattutto lo chiedo a voi, diaconi e presbiteri, collocati con me all’ultimo posto nel popolo regale, sacerdotale e profetico: aiutatemi, pregate per me, correggetemi.
Camminiamo insieme nello stile di Gesù servo e povero. Anzi voglio ringraziare fin da ora tutti i diaconi e i presbiteri che tanto hanno già testimoniato perché le nostre comunità restassero unite e vive nella fede. Chiedo loro di rinnovare, all’inizio del mio servizio episcopale, l’impegno ricevuto dal Signore di portare la lieta notizia del suo amore e della sua misericordia a quanti sono prigionieri del male e della sofferenza: ammalati, affamati, assetati, forestieri, nudi, carcerati. Insieme ce la faremo: serviremo il popolo cristiano, promuoveremo la sua dignità e riscopriremo la gioia e l’importanza del nostro ministero. Se staremo insieme nella gioia, anche i giovani capiranno, le donne saranno preziose per il loro specifico apporto, gli anziani “produrranno ancora frutti”, le famiglie oseranno generosità e fiducia nel futuro.
Ho coscienza che il servizio che mi è stato affidato può trasformarsi in potere, ma sarebbe un tradimento!
Per il peccato che limita e condiziona la nostra vita rischiamo di vedere l’episcopato come una carriera e non sarebbe strano che qualcuno ci sentisse dire “chi è il più grande tra noi”; e che ci trattiamo secondo logiche mondane, non tanto nelle riflessioni teologiche e spirituali, quanto nello stile, nelle relazioni, nella quotidianità.
Vorrei lasciare un segno (so che non è tutto e che non è sufficiente, ma sono certo che aiuterà me) dell’onestà del mio impegno: consiste nella promessa di non trattenere per me nulla di quanto mi verrà consegnato nel corso del mio servizio pastorale nella diocesi di Padova. Una specie di voto di povertà che emetto di fronte a voi. Terminerò il mio servizio episcopale senza accrescere di un euro il conto corrente e patrimoniale personale, la cui gestione consegnerò ai nostri uffici.
Oggi sono le scelte nel campo dell’economia che testimoniano le nostre priorità e a queste dobbiamo guardare perché la disponibilità e la gestione dei beni siano integralmente al servizio dell’annuncio del Vangelo.
Noi dobbiamo parlare e discutere di come servire i poveri, come promuovere giustizia, come costruire fraternità nel nostro territorio e in tutto il mondo. Le nostre comunità saranno rifugi e asili di speranza per i più deboli. Non abbiamo da trattare di altre cose.
La Giornata missionaria mondiale ci spinge a sostenere le Chiese povere, ad evangelizzare tutto il mondo, a servire ogni sofferente, e il Vangelo di oggi ci dice di realizzare la nostra missione con mezzi poveri, il primo dei quali è la nostra persona. Ma la giornata di oggi ci ricorda anche che c’è un annuncio da realizzare in mezzo a noi, proprio nelle nostre case tradizionalmente cattoliche. I fratelli vicini e quelli lontani sono ugualmente amati.
San Luca, che in modo speciale ci ha presentato la misericordia di Dio, che ci ha presentato la figura di Maria come “umile ancella” ci accompagni lungo la strada del Maestro.