"Ho varcato la Porta Santa"
La mattina presto. La amo. Anche se dormo poco la cerco, la sento arrivare. All’alba spessissimo mi sveglio, come un neonato. Come un lupo. E l’alba di oggi è sospesa tra l’azzurro, il gelo e una specie di fumiggine lieve, è gennaio. È l’anno della misericordia. E l’alba mi è sempre sembrata la misericordia dopo ogni notte, potente e silenziosa, feriale e meravigliosa.
L’alba. Si può continuare a sentire, a vivere, ad amare l’alba a oltre cinquant’anni?
Si può cercare l’inizio, dopo che si è visto di tutto, fatto di tutto, goduto e sofferto di tutto... Bologna all’alba è bellissima. Non è la mia città, io ho sangue romagnolo. E mi professo cattolico anarchico di rito romagnolo. Se qualcuno è interessato a questo “credo” mi scriva. Ma Bologna, dicevo, è bellissima. E ci sono nati mia moglie e i miei quattro figli. Mi ha imprigionato d’amore, carceriera dolce e feroce.
La cattedrale è a pochi passi dal mio studio, colmo di libri, carte, lavori in corso… Lì ogni tanto la notte mi assopisco quando sono di passaggio da un viaggio all’altro e non è più ora per raggiungere la casa sui crinali alti, dove i miei dormono. E all’alba scendo. Spesso per partire su un treno o un aereo.
Oggi sono sceso, l’alba ancora immensa. Ho atteso che aprisse la Porta santa.
Quella di destra, in questo chiesone senza nessun fascino particolare. Intitolata a san Pietro, per sottolineare il legame di questa città, sempre legata e sempre riottosa, con Roma. Ma è storia vecchia.
Bologna, città clericale e massonica, ideologica e provinciale, non è più la capitale del sapere con l’università più antica né la fucina di grandi artisti del ’600. Altro si muove in lei. Ho atteso che la porta aprisse. Ho guardato gli avvisi.
«Ricorda che la porta è Gesù Cristo» c’è scritto più o meno. La porta a cosa? Alla salvezza, al bene, a Dio. Ok, mi dico. Tutte cose belle, giuste.
Ma cosa mi succederà se varco questa porta? Che cosa significa fare esperienza della misericordia?
È una cosa incredibile, questa benzina dell’universo e di ogni umana relazione. Questa dismisura che scardina ogni giudizio piccolo, ogni calcolo.
Siete invidiosi perché io sono buono? fa dire Gesù al Signore, verso coloro che si lamentano, poiché ha dato lavoro nella vigna e paga in modo strano gli operai, andando oltre la loro idea di giusta paga e di giustizia. È uno dei punti vertiginosi del vangelo.
L’alba si è aperta nel mattino, come una canzone. Dunque entro nel chiesone senza infamia e senza lode.
La prima messa del mattino è appena iniziata. Poca gente, sparuta tra le panche sotto la volta altissima. Di quello che dovrebbe essere un canto liturgico c’è un flebile, rachitico segnale vocale.
Dio mio, penso, perché non curano un poco di più queste cose... Un mio amico diceva che non c’è nulla di così anti-cristiano quanto un gesto cristiano fatto male. E questa incuria nei canti, nel parlare... richiede una buona dose di misericordia da parte dell’Altissimo, perché non fulmini questi storpiatori seriali del bello, questi autori di canzoni mielose e strascicate, questi oratori da beghine.
Ma ok, entro, passo. E mi dirigo verso il confessionale. C’è una piccola fila di gente. Li guardo. Che varietà di tipi... C’è quello con la faccia da professionista serio. C’è la donnona da cui l’eleganza è fuggita molti anni fa. C’è il ragazzo con il giubbotto di pelle che oggi pomeriggio potrebbe essere in curva Sud. E poi ci sono io, artista un po’ sbandato ma innamorato di Gesù.
Lascio il passo a una signora magrissima, si aiuta con il bastone. Sembra una anziana e un po’ folle monaca medievale. Mi ringrazia, porgendomi una mano ossuta.
Quel che succede dentro il confessionale sono fatti miei e di Dio e non ve lo racconto. Una volta da uno di quei confessionali di fatto mi cacciarono, e quindi ho un po’ timore di reincontrare quel prete. Ma stavolta va meglio. Penso che quel caso di allora fu perché certe volte i preti fanno confusione sulla gravità dei peccati. Ma non importa e non sta a me giudicare.
E dunque cosa è l’esperienza della misericordia, cosa succede passando questa porta, confessando i peccati (molti o pochi che siano, gravissimi o quasi bambineschi), assistendo alla messa, pregando per le intenzioni del papa?
Per me, appunto, significa entrare nella benzina dell’universo, nel carburante che fa esistere il fiore minuscolo e l’abbraccio mandato via sms oggi all’amico a cui muore il padre.
È stare sotto il manto della Madonna di Piero della Francesca fissata a Sansepolcro con l’amico poeta che si professa ateo ma una candela in mia compagnia in chiesa, va là non si sa mai, l’accende.
È la benzina, il carburante che fa perdonare i figli, o chi ti ha mancato di rispetto o che fa riprender lena quando la fatica fa andar via la voglia di costruire, nel lavoro o nella società.
L’esperienza della misericordia è, per me, conoscere quel che rammaglia continuamente il mondo che sfilacciamo.
È l’alba che si ripresenta in ogni momento. Voglio una vita esagerata, cantava Vasco. Ecco la vera esagerazione. Quella che davvero agisce oltre (ex-agere) ogni misura e forza. Voglio questa vita veramente esagerata.