Volontariato: alle donne manca il tempo per farlo

Solo il 45 per cento delle donne in Italia è impegnata in un'organizzazione di volontariato. Al Nord la presenza cala al 43 per cento. E se guardiamo ai vertici delle associazioni, la dirigenza femminile è molto sporadica. In prossimità dell'8 marzo, è interessante capire i perché che stanno alla base dei dati.

Volontariato: alle donne manca il tempo per farlo

Se si pensa al volontariato, al servizio ai più deboli, alla cura di anziani, bambini, malati, è la donna, volontaria, l’immagine più immediata che viene alla mente. Perché, senza nulla togliere all’altro genere, la predisposizione a prendersi cura parla il più delle volte il linguaggio della sensibilità femminile.

Eppure, dai dati del 2013 dell’Istat, elaborati dalla fondazione nazionale Volontariato e partecipazione, considerando che in Italia le donne sopra i 14 anni rappresentano il 52 per cento della popolazione, appena il 45 per cento è impegnata nelle organizzazioni di volontariato, sebbene sia una presenza superiore rispetto a quella nel mondo del lavoro (42 per cento), ma «che indica la presenza di ostacoli anche alla partecipazione femminile alla vita associativa» come si legge nel rapporto.

Se si analizza quale sia il motivo che scoraggia l’impegno delle donne è la mancanza di tempo, visto che si dedicano maggiormente rispetto agli uomini alle attività domestiche e familiari. Comunque, sempre parlando in termini di percentuale, quando fanno volontariato, le donne lo scelgono in maniera più generosa, donando al servizio più tempo degli uomini, con una media di quasi 19 ore alla settimana contro le 15,4 dei maschi.

Un dato “avvilente” è la scarsa presenza femminile all’interno delle cariche istituzionali delle organizzazioni: su un totale di cento posizioni dirigenziali, 75 appartengono a uomini, 25 a donne. Mentre i ruoli impiegatizi, di addetti ai servizi o non qualificati sono riservati alle donne nella maggior parte dei casi.

«Il 45 per cento della presenza femminile nel volontariato al Nord scende addirittura al 43 per cento, perché più donne lavorano e , dunque, hanno meno tempo da dedicare alle attività solidaristiche» sottolinea Emanuele Alecci, presidente del Centro servizio volontariato di Padova e per nove anni presidente nazionale del Movi. «Se ci concentriamo poi sulla nostra realtà veneta – continua Alecci – nelle organizzazioni senza fini di lucro molte donne sono impegnate in campo socio assistenziale, basti pensare all’Avo la cui base associativa è spiccatamente femminile. Non c’è dubbio che abbiano un fattore naturale che le predispone alla cura e, quando s’impegnano per gli altri, non si risparmiano, lo fanno con tutte se stesse, rappresentando una grande ricchezza umana, soprattutto in situazioni molto delicate negli ambiti del fine vita, dell’assistenza ai malati e ai disabili, della cura ai minori».

Le donne, seppur escluse dai vertici più importanti nelle organizzazioni senza fini di lucro, dimostrano anche nel volontariato la loro competenza flessibile rispetto ai contesti e “multitasking”.

«Qualcosa sta cambiando – prosegue Alecci – Ad esempio, al Movi mi sono sempre circondato di un’équipe femminile per la sua estrema capacità organizzativa. Attualmente il vicepresidente nazionale del Movi è Graziamaria Dente e da qualche settimana, al posto di Pietro Barbieri la nuova portavoce del Forum nazionale del terzo settore è Claudia Fiaschi». La quale è anche vicepresidente di Confcooperative, presidente di Confcooperative Toscana e vicepresidente del consorzio Pan - Servizi per l’infanzia.

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