Nella serra "Green Dadi" al Portello si coltiva l'autonomia
In via Loredan al Portello, è stato inaugurato lo spazio verde, abbandonato all’incuria fino a qualche mese fa. Adesso è diventato la luminosa serra "Green Dadi" gestita da sei lavoratori con sindrome di Down e disabilità intellettiva guidati da un agronomo della Coldiretti e un educatore della cooperativa Vite vere.
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Enrico non sta nella pelle. Non riesce a contenere l’emozione perché oggi sarà un giorno indimenticabile. C’è pure il suo ex parroco di Santa Sofia, mons. Daniele Prosdocimo, che è vicario episcopale per la pastorale cittadina e che gli chiede di mettersi a fianco a lui per la benedizione, come se fosse ancora un chierichetto. È una storia normale quella di Enrico e dei suoi cinque amici. Una storia fatta da persone speciali, nate con un cromosoma in più, ma che vogliono e hanno diritto a essere considerate uguali a tutte le altre perché nella quotidianità dimostrano che ce la possono fare, eccome.
Il 9 ottobre – giornata nazionale sulla sindrome di Down – s’inaugura un sogno racchiuso tra le pareti di vetro della serra bioclimatica al centro del quadrilatero dell’Ater di via Loredan al Portello, uno dei quartieri centrali di Padova, ma dove le relazioni non sono poi così facili. Lì, tra quelle pareti di vetro scaldate dal sole autunnale, Enrico e gli altri ragazzi della cooperativa Vite vere hanno trovato un lavoro, grazie al progetto “Green Dadi” e all’atelier partoriti dalla mente e dal cuore dell’associazione Down Dadi. Nella serra vengono coltivate e poi vendute piante grasse, attraverso le talee di cui i ragazzi di Down Dadi hanno imparato a prendersi cura con l’aiuto di un agronomo della Coldiretti di Padova e di un educatore che li guida nell’attività lavorativa.
«Questo nuovo progetto – spiega la presidente di Down Dadi Patrizia Tolot – è un altro passo in avanti verso l’autonomia e l’inclusione sociale delle persone con sindrome di Down e disabilità intellettiva. Si affianca al laboratorio già avviato da anni dove vengono prodotte scarpe Geox con il marchio sociale Valemour, coltivando il sogno che questi ragazzi si “confondano” sempre di più nella vita quotidiana di tutti noi, nel lavoro, a scuola, in giro per strada...».
Acquistando i prodotti e gli accessori Valemour si sostengono percorsi di formazione e inserimento personalizzati con cui le persone con disabilità imparano abilità, mansioni, diritti e doveri dei lavoratori. «Queste esperienze – sottolinea l’assessore al sociale del comune di Padova Alessandra Brunetti – rappresentano una via alternativa all’integrazione nella nostra città. Occupandosi di queste piantine, i ragazzi coltivano la loro autonomia quotidiana e l’acquisto da parte dei cittadini diventa un gesto consapevole di valore, che contribuisce a creare comunità e relazioni anche in un quartiere “difficile” come il Portello. La serra “Green Dadi” è, dunque, un’opportunità per tutti, per imparare a prenderci cura di ogni germoglio di vita dentro alla nostra città». E questo «prenderci a cuore le persone», come spiega mons. Prosdocimo prima del taglio del nastro, deve diventare la cifra distintiva della città, perché «solo questa è vita vera».
Tra le attività che Down Dadi porta avanti ogni giorno perché la disabilità intellettiva non sia più considerata una malattia, ci sono il centro integrato per l’età evolutiva che ha come scopo il sostegno di tutti i bambini e delle loro famiglie nelle prime delicate fasi di crescita e sviluppo; i centri estivi a luglio per i ragazzi dai 13 ai 18 anni a sostegno delle famiglie durante la chiusura delle scuole; il progetto “Navigando” per sviluppare l’autonomia personale, domestica e sociale dei ragazzi adolescenti seguito dall’esperienza della casa “ponte” per imparare a vivere piano piano sganciati dalla famiglia. «In questo periodo – spiega Patrizia Tolot – quattro ragazze stanno vivendo per due settimana al mese completamente sganciate dalla loro famiglia». E, inoltre, laboratori creativi per sperimentare e approfondire le proprie qualità, iniziative sportive e laboratori teatrali e di danza alla scoperta dei propri talenti personali e per favorire la socializzazione, percorsi di educazione affettiva e sessuale... «Damiano, Matteo, Raffi... – racconta emozionato Enrico – sono alcuni dei miei amici con cui lavoro dentro alla serra. Qui sto bene, mi diverto pure con questo nuovo lavoro». E se qualcuno non glielo togliesse, se lo terrebbe tutto il giorno quel microfono con cui amplifica la sua contagiosa contentezza.