Immigrazione. Niente panico, l'islam non ci invaderà
Un immigrato su due arriva da paesi di cultura cristiana, solo uno su tre dall’area musulmana e non tutti sono praticanti. Ma la sfida della convivenza può essere vinta solo comprendendo che mobilità e pluralismo sono dati di fatto delle società moderne. I dati degli arrivi e la demografia, dunque, smentiscono i timori di “islamizzazione” dell’Italia.
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Stop all’isteria e niente panico: in Italia non è in corso nessun processo di “islamizzazione”, né dobbiamo considerare il fenomeno migratorio come un’invasione, un flusso univoco di persone che vengono nel nostro paese per imporci i loro usi e costumi. I numeri, le statistiche, le ricerche e l’esperienza dicono tutt’altro e mettono di fronte a una realtà, spesso ignorata dal dibattito pubblico sul tema dell’immigrazione, che pone delle sfide a cui buona parte del paese, a partire dalle istituzioni, è culturalmente impreparato. È quanto è emerso dall’incontro su "Il pluralismo culturale e religioso in Italia: sfide e opportunità", a cui sono intervenuti il giornalista e studioso Moustafa El Ayoubi e il sociologo Stefano Allievi, introdotti dal direttore di Nigrizia Efrem Tresoldi, che ha inaugurato il ciclo di appuntamenti, previsti fino a maggio, dal titolo “Perché si fugge dall’Africa?”, organizzati dal centro universitario, in collaborazione con i missionari comboniani e con il Centro servizi volontariato di Padova.
Il punto di partenza lo spiega bene, nell’introdurre i due relatori, Efrem Tresoldi: «L’Italia, da paese di emigrazioni, qual era fino a 40 anni fa, è diventata terra di immigrazioni. È un fatto relativamente nuovo ma dall’enorme portata. Da nazione monoculturale e monoreligiosa è diventata multiculturale e multireligiosa. È chiaro che questo causa reazioni diverse: c’è chi accetta la sfida del confronto con culture diverse e chi invece si oppone, si chiude».
Ma quanti, chi e di che religione sono gli immigrati oggi in Italia? «Secondo le stime del Dossier immigrazione 2015 del centro studi Idos – ha chiarito Moustafa El Ayoubi – gli immigrati regolarmente residenti in Italia sono circa 5 milioni, equivalenti all’8 per cento della popolazione. La comunità straniera più presente è quella dei rumeni, con 1 milione e 100 mila presenze, seguono gli albanesi (490 mila), marocchini (450 mila), cinesi (226 mila), ucraini (230 mila). Già questo primo dato indica come ci troviamo di fronte a popolazioni molto diverse tra loro anche dal punto di vista religioso. Semplificando, circa la metà provengono da paesi di tradizione cristiana (esclusi i non credenti, il 31 per cento sono ortodossi, il 18 cattolici e il 5 protestanti), mentre i provenienti da paesi tradizionalmente islamici sono circa un terzo, non necessariamente tutti osservanti. Nessuna invasione, dunque, anche se è chiaro che la presenza di queste comunità, con le loro religioni, mette di fronte lo stato a delle problematiche che deve necessariamente affrontare».
Se Moustafa Al Ayoubi ha focalizzato il suo intervento soprattutto sugli aspetti legati alla multireligiosità, Stefano Allievi ha invece sottolineato come mobilità e pluralismo siano diventati, al di là dell’immigrazione, due dimensioni imprescindibili della società attuale e, sempre di più, per quella che verrà. «In realtà – dice Allievi – l’uomo ha sempre viaggiato, non è una prerogativa dei tempi attuali. Nell’Ottocento le migrazioni erano ancora più imponenti rispetto a oggi. Quel che è cambiato, assieme alla società, è la direzione del flusso, ma non dobbiamo cadere nell’errore di pensare che questo sia univoco. È vero, sono arrivati molti immigrati, ma sono tanti anche gli italiani che se ne vanno e questo succedeva sia nel passato che oggi. Solo da Padova sono almeno 200 le persone che se ne vanno ogni anno e Londra sta diventando rapidamente l’ottava città italiana per numero di abitanti. È la società, è il mondo che è cambiato radicalmente». Prima lo si capisce, meglio sarà.