Centro Mano amica: abiti e mobili con una doppia vita
Da quattordici anni, il progetto Mano amica della Caritas di Limena veste le famiglie povere del Padovano e insegna alla comunità parrocchiale la cultura del riutilizzo contro lo spreco, nell'ottica stili di vita diversi più rispettosi di tutti.Centro
I poveri aumentano nonostante le risorse investite a livello statale e quanto si fa non è mai abbastanza. L’ultimo rapporto Cittadinanza generativa della fondazione Zancan sulla lotta alla povertà riporta i dati Istat secondo cui «il 23,4 per cento delle famiglie vive in una situazione di disagio economico, per un totale di 14,6 milioni di individui». Una è la strada, secondo la Zancan, da percorrere per uscire dal guado in cui il nostro paese è arenato: investire e far crescere la responsabilità civile di tutti, anche quella dei poveri perché siano protagonisti del proprio riscatto. Aiuti e sostegni a pioggia da soli non servono, perché “abituano” chi ha poco a credere che tutto sia dovuto.
In questa direzione, le buone pratiche nate dal basso esistono e non ci vuole molto per scovare segni di questo cambio di cultura solidaristica. Chi non ricorda i sacchi gialli della Caritas diocesana consegnati porta a porta dai volontari parrocchiali per la raccolta di vestiario e indumenti? Quattordici anni fa, quando ancora si organizzavano le periodiche collette, a Limena iniziarono a farsi strada pensieri diversi tra i parrocchiani impegnati nel servizio: «Perché portare quintali di abbigliamento ancora in buono stato all’interporto senza provare prima a rispondere direttamente ai bisogni dei poveri del territorio comunale? E perché non servirsi della raccolta per far crescere cristianamente chi dona, educando al riutilizzo contro lo spreco?».
Da qui è nato il centro Mano amica, guidato oggi come ieri da Maria Luisa Broccardo e da altre nove volontarie della Caritas, che collaborano con i servizi sociali del comune di Limena. Con loro, da qualche tempo, lavora anche una ragazza straniera con un progetto di prevenzione del disagio. «Dopo la realizzazione del nuovo patronato – racconta Maria Luisa Broccardo – la casa che un tempo ospitava le attività parrocchiali è stata riservata interamente a Mano amica che è aperto due pomeriggi a settimana, il martedì e il sabato dalle 14 alle 19: effettuiamo contemporaneamente la raccolta e la vendita a prezzi veramente simbolici, dai pochi centesimi ai due, cinque euro. In questo modo chi dona vede a chi vanno gli abiti, i maglioni, le scarpe... e si sente maggiormente partecipe e consapevole del gesto che compie. Niente viene dato gratuitamente per far capire che anche con poco si può comprare». Otto stanze su due piani stipatissime di abbigliamento, scarpe, ma anche mobilio: ogni settimana vi entrano una settantina di persone, soprattutto straniere e che provengono un po’ da tutto il Padovano: «Chi arriva qui lo fa per vestire con dignità se stesso e i figli, ma anche per cercare una cucina riutilizzabile, una poltrona, un tavolo... Di recente, è arrivato un papà italiano della Bassa padovana in cerca di abbigliamento per il suo bambino: a indirizzarlo al nostro centro era stato un collega straniero che viene qui a “fare acquisti”». È così che funziona Mano amica: con il passaparola, la serietà e la discrezione con cui le volontarie lavorano. «Ci piace pensare – sottolinea ancora Maria Luisa Broccardo – che non solo aiutiamo i poveri, ma anche insegniamo alla nostra comunità a non sprecare. Ecco allora che la gente consegna gli abiti sempre puliti, stirati e preparati con cura, perché sa che non verranno buttati, ma saranno rigenerati nella quotidianità di qualcun altro». Con i guadagni dalla vendita il centro Mano amica riesce ad acquistare l’abbonamento per l’autobus di quattro studenti di Limena segnalati dai servizi sociali: un lavoro d’équipe, dunque, con le istituzioni, ma anche con il mondo del terzo settore. «In questo periodo stiamo aiutando una cooperativa di Sarmeola di Rubano che deve arredare tre appartamenti per l’accoglienza dei profughi: saremo noi a fornire tutto l’occorrente, perché di cose ne arrivano a non finire! E pensare che altrimenti sarebbero state gettate senza criterio...».