Farmaci e cure, servizio sanitario in difficoltà. Ora a pagare sono le famiglie
La spesa sanitaria corrente totale italiana nel 2015 ammontava a 2.436,10 euro pro capite, con uno scarto di oltre il 32,5 per cento rispetto ai 3.608 dell’Europa occidentale. La fotografia che emerge dal rapporto curato da Crea e Fimmg mette a nudo deficit e debolezze: un quarto della spesa sanitaria è a carico delle famiglie, manca una strategia per far fronte al progressivo invecchiamento.
La spesa sanitaria corrente totale italiana nel 2015 ammontava a 2.436,10 euro pro capite, con uno scarto di oltre il 32,5 per cento rispetto ai 3.608 dell’Europa occidentale.
È questo il dato che forse meglio riassume la “cura” con cui il Crea (Consorzio universitario per la ricerca economica applicata in sanità) dell’ateneo di Roma Tor Vergata in collaborazione con Fimmg (la Federazione italiana dei medici di Medicina generale) ha di recente pubblicato il 12° rapporto sulla nostra sanità.
Si tratta di oltre 400 pagine, nella doppia versione italiana e inglese, arricchite da decine di tabelle, grafici, statistiche e preziose informazioni.
Una lettura indispensabile davvero, se ci si vuol documentare sullo “stato di salute” del sistema sanitario nazionale e insieme comprendere le dinamiche sociali collegate.
«La spesa privata – evidenzia Federico Spandonaro, presidente del Crea, fin dall’introduzione – ha ormai raggiunto il 24,4 per cento della spesa sanitaria totale, confermando in primo luogo che la risposta ai bisogni del Servizio sanitario nazionale non è più affatto globale. Inoltre, il 5 per cento delle famiglie residenti in Italia, soprattutto nel Centro e nel Sud, ha dichiarato di aver ridotto, tanto da avere annullato, le spese sanitarie».
«Sono chiamate a rinunciare prevalentemente le famiglie dei quintili medio-bassi, che spendono prevalentemente per farmaci, visite ed esami diagnostici (80-90 per cento delle spese socio-sanitarie sostenute direttamente dalle famiglie). In termini di impatto equitativo, nel 2014, l’incidenza del fenomeno di impoverimento per spese sanitarie non sembra essere variata, ma ci sono circa 279 mila famiglie ad alto rischio di impoverimento. L’incidenza del fenomeno rischia quindi di provocare in prospettiva un raddoppio delle situazioni di disagio».
E, di nuovo, si conferma prioritario l’indissolubile nesso fra invecchiamento della popolazione, assistenza e sostegno alle famiglie, protezione formato Long Term Care.
Le previsioni demografiche sono eloquenti: nel 2050 quasi il 35 per cento degli italiani sarà over 65 e il 10 per cento over 85. «Il focus – osserva la coordinatrice scientifica del rapporto Cristina Giordani – resta il settore sanitario “allargato”, intendendo la sanità stricto sensu e quella parte di prestazioni sociali che risultano strettamente correlate agli esiti di patologie che conducono alla non-autosufficienza e alla disabilità. Si è adottato come criterio quello di integrare la parte sanitaria con l’area della cosiddetta Ltc, scelta peraltro condivisa da molte statistiche internazionali. Le prestazioni Ltc sono in larga misura caratterizzate dall’essere destinate a soggetti non-autosufficienti o disabili, e individuano un ambito nel quale si sommano prestazioni sanitarie e sociali, di fatto strettamente interrelate fra loro».
Spigolando nei diversi capitoli tematici, affiorano per lo meno alcune tendenze che meritano attenzione.
Non solo l’Italia paga un cronico ritardo rispetto all’Europa, ma il gap in termini di spesa sanitaria pro capite nell’arco del decennio 2005-15 si rivela più che raddoppiato. Ha assorbito il 9 per cento del Pil nazionale, cioè quasi un punto e mezzo percentuale in meno rispetto agli altri paesi europei occidentali.
Con lo stesso criterio, la spesa farmaceutica ammonta a 475,80 euro con un aumento dell’8,6 per cento rispetto all’anno precedente.
Complessivamente nel 2015 è stata di 28,9 miliardi di euro, di cui 8,3 privata. Un settore che, dal punto di vista industriale, è in espansione: «Svizzera, Germania, Italia e Francia rappresentano il 50 per cento della produzione europea (300 miliari di euro) e quella italiana circa il 10 per cento. La nostra produzione farmaceutica è continuata a crescere anche nel 2015 (+5,0 per cento) raggiungendo i 30 miliardi, soprattutto grazie all’export che ha toccato il suo valore più alto negli anni pari a 22 miliardi (73 per cento del valore di produzione)».
Un’altra significativa “spia” dello stato di salute riguarda il welfare: «A livello nazionale si passa da 39 beneficiari di pensione di invalidità civile ogni 1.000 residenti nel 2005 a 46 nel 2015 (+20 per cento). I beneficiari sono stati in media 913.029, con un’incidenza del 15 per cento su 1.000 residenti e del 69 per cento su 1.000 residenti di 65 anni e più. Le regioni con una maggiore incidenza di pensioni per invalidità civile sono la Calabria con 26 pensioni ogni 1.000 residenti, la Sardegna con 25 e da Sicilia e Puglia con 23. Di contro, le regioni che registrano una minore incidenza di pensioni di invalidità civile sono Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto con 10 per 1.000 residenti, seguite da Piemonte e Toscana con 11 e da Marche e Liguria con 13».
L’Inps e gli enti locali continuano a garantire pensioni, indennità di accompagnamento o “voucher” per soggetti non autosufficienti.
In totale si tratta di oltre 15 miliardi di euro all’anno: «La parte preponderante di queste provvidenze, il 79,5 per cento, è rappresentato dalle indennità di accompagnamento, il 19,9 per cento dalle pensioni di invalidità civile e il residuo 0,7 per cento dai benefici economici offerti dai comuni».