Entra nel vivo la riforma sanitaria

La riforma sanitaria del Veneto è definitivamente partita. Le Ulss oggi sono nove (una per provincia a eccezione di Vicenza e Venezia che ne mantengono due). La sfida principale in questo momento è adeguare i sistemi di gestione, diversi da un'azienda all'altra, e garantire l'occupazione del personale amministrativo. Attenzione anche alla programmazione del sociale, che potrebbe arrestarsi finche l'Azienda zero non sarà del tutto operativa.
(nella foto, il presidente Zaia e l'assessore Coletto con i direttori generali delle nuove Ulss)  

Entra nel vivo la riforma sanitaria

La maratona in Consiglio regionale è un (lontanissimo) ricordo. E adesso che il governo ha rinunciato a impugnarla, la riforma sanitaria approvata nella notte del 20 ottobre con l’inizio dell’anno comincia a rendere visibili i propri effetti.

Nell’attesa di vedere pienamente operativa l’ormai famosa Azienda zero, i cittadini devono anzitutto scordarsi le vecchie Ulss. La 16 di Padova, la 15 dell’Alta e la 17 della Bassa, come pure la 4 Altovicentino non esistono più. Rimaste intatte le Aziende ospedaliere di Padova e Verona, oltre all’Istituto oncologico Veneto, oggi le Ulss sono a tutti gli effetti nove.

Le aziende provinciali sono la 1 Dolomiti che comprende tutta la provincia di Belluno; la 2, Marca trevigiana, per la provincia di Treviso; la 5 Polesana, con sede a Rovigo; la 6 Euganea per il Padovano e la 9 Scaligera a raggruppare tutte le ex Ulss veronesi. Le province di Venezia e Vicenza, non senza polemiche durante il dibattito, hanno mantenuto due Ulss ciascuna: la 3 Serenissima (Venezia) e la 4 del Veneto orientale (San Donà di Piave) e poi la 7 Pedemontana (Bassano-Thiene) e la 8 Berica (Vicenza).

L’operazione è tutt’altro che semplice, come ha fatto capire lo stesso assessore regionale alla sanità Luca Coletto a metà dicembre, commentando con soddisfazione il via libera dell’esecutivo: «Portare avanti la riforma non è stato facile (più di cento ore di discussione, ndr), e non sarà facile realizzarla. Ora però – ha spiegato Coletto – abbiamo anche giuridicamente tutte le carte in regola per passare all’azione, cosa che in realtà stiamo già facendo».

Se da un punto di vista formale ogni tassello potrebbe sembrare al suo posto, sul versante amministrativo le questioni spinose non mancano. Le strutture delle Ulss chiamate a fondersi, ad esempio, stanno lavorando alacremente per mettere in comunicazione sistemi di gestione differenti che ora devono parlare la stessa lingua.

Ma non da meno è la questione occupazionale. Le maggiori sigle sindacali sono sull’attenti da mesi per capire se la maxi riorganizzazione comporterà dei tagli. Rassicurazioni sono arrivate dallo stesso Coletto che ha spiegato di aver sottoscritto un accordo sindacale «fondamentale». Dei 90 milioni che la regione conta di risparmiare sul fronte burocratico, «13 saranno riversati sulle cure, sui macchinari e sul personale. Zero tagli, anzi nuovi supporti a cure, innovazione tecnologica e lavoratori», ha garantito l’assessore.

In realtà, armonizzare tutti i contratti in essere nelle diverse aziende sanitarie è una sfida ancora da vincere, e occorre farlo il prima possibile per evitare ritardi nel pagamento degli stipendi. E se dal punto di vista sanitario, almeno al momento, non si profilano all’orizzonte grandi scossoni, tra il personale amministrativo sale la tensione: il rischio esuberi è concreto.

Nei giorni scorsi, la Cisl Fp di Padova e Rovigo ha scritto una lettera urgente alla giunta regionale nella quale chiede rassicurazioni per il personale delle cooperative in appalto agli ospedali. «Un destino beffardo potrebbe colpire le attività delle oltre cinquanta lavoratrici che lavorano nei cinque punti Cup e nel call center che fanno capo all’appalto di Schiavonia», hanno denunciato i sindacati. Con la riforma, infatti, il servizio potrebbe addirittura diventare unico per tutto il Veneto.

Mauro Bonin, nominato commissario dell’Azienda zero a metà novembre, è al lavoro con il suo staff per dare corpo al nuovo snodo centrale della sanità di casa nostra. Dalla Casa rossa di via D’Avanzo a Padova dove avrà sede, centralizzerà la programmazione socio-sanitaria, il coordinamento del servizio sanitario e la gestione tecnico-amministrativa, con particolare riferimento agli acquisti delle nove Ulss, alla selezione del personale, alle procedure di accreditamento, e ai contenziosi.

E proprio questa centralizzazione, già criticata dalle minoranze in sede di consiglio, rischia di creare dei disguidi proprio nella fase di transizione. Dal 1° gennaio infatti i direttori delle vecchie Ulss sono destituiti, ma prima che le nuove direzioni uniche siano operative passeranno dei mesi in cui i piani di zona rischiano di essere disattesi e le conferenze dei sindaci, oggi molto più ampie, superate nei fatti.

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