"Vergogna e dolore". La chiesa di Scozia fa i conti con la pedofilia
Nelle 500 parrocchie cattoliche del paese sono stati distribuiti 100 mila opuscoli ai fedeli durante le messe domenicali con gli impegni presi dalla chiesa per rispondere dei crimini commessi e un testo dell'arcivescovo Philip Tartaglia, presidente della Conferenza episcopale scozzese, in cui a nome dei vescovi chiede scusa alla popolazione.
Alla politica della tolleranza zero contro gli abusi sessuali commessi all’interno della Chiesa aderisce con fermezza anche la Chiesa cattolica di Scozia
Il 22 e il 23 agosto nelle 500 parrocchie cattoliche del Paese sono stati distribuiti 100 mila opuscoli ai fedeli durante le messe domenicali con gli impegni presi dalla Chiesa per rispondere dei crimini commessi ed un testo dell’arcivescovo Philip Tartaglia, presidente della Conferenza episcopale scozzese, in cui a nome dei vescovi chiede scusa alla popolazione.
L’iniziativa è stata presa in seguito alla pubblicazione la scorsa settimana di un Rapporto redatto da una Commissione presieduta da Andrew McLellan e istituita dagli stessi presuli cattolici scozzesi nel novembre 2013. Il Rapporto - dal titolo “Review of Safeguarding Protocols and Procedures” - contiene una minuziosa rassegna del lavoro condotto in questi anni a fianco delle vittime degli abusi, ed una serie di raccomandazioni per migliorare la risposta, fino ad oggi purtroppo ancora inadeguata, della Chiesa a tutti i livelli, a cominciare dal vescovo.
Le cifre
Dai dati diffusi dalla Conferenza episcopale della Scozia emerge che sono state 46 le denunce di abusi presentate tra il 2006 e il 2012. Più della metà sono per abusi sessuali. Nel 2013 sono state presentate altre 15 denunce, sei delle quali relative ad eventi accaduti prima del 1990.
Come risultato, tre individui sono stati rimossi dal ministero, e altri due casi sono, al momento della stesura del Rapporto, ancora al vaglio del Procuratore.
Nella relazione, la Commissione sottolinea quanto sia difficile per le persone che hanno subito abusi, denunciare il fatto. Provano vergogna; si sentono sleali e disobbedienti se parlano; molto spesso si reputano addirittura loro stessi i colpevoli.
Per questi motivi, l'abuso è tenuto segreto anche ai familiari più stretti e possono passare quindi molti anni prima che le vittime siano in grado di parlare della violenza subita e denunciarla.
Le cose, per fortuna, almeno da questo punto di vista, sono un po’ cambiate. E ciò accade grazie alla testimonianza data da persone che hanno confessato la stessa esperienza; al lavoro di denuncia e investigazione svolto dai media; e infine grazie alla svolta di politica intrapresa dalla Chiesa cattolica in tutto il mondo che ha riconosciuto il male commesso al suo interno promettendo di dare priorità alle vittime.
Shock e dolore quasi “insopportabili”
Il racconto della violenza subita è sempre una esperienza dura sia per chi la racconta come vittima, sia per chi la ascolta. Lo shock e il dolore - si legge nel Rapporto - sono quasi “insopportabili”. La crudeltà e la spietatezza narrate “vanno oltre l'esperienza vissuta dalla maggior parte delle persone”.
Il Rapporto cita stralci di quei racconti. "Quando avevo otto anni, ero regolarmente chiuso in una stanza buia dalla suora che era la mia assistente. Mi diceva che ero stato punito perché nessuno mi amava. La stessa suora mi ha anche abusato sessualmente. Ho parlato con un prete in confessione. Quel sacerdote ne ha parlato con la suora e insieme mi hanno violentato. Avevo solo otto anni”.
L’infamia più grande di cui si è macchiata la Chiesa - si legge nel Rapporto - è quella di aver coperto i colpevoli per proteggere la reputazione della Chiesa ed evitare “lo scandalo”
A questo riguardo, vengono ricordate le parole di Papa san Gregorio I: “è meglio consentire la nascita di uno scandalo, piuttosto che abbandonare la verità”.
La testimonianza più eclatante dei sopravvissuti è l'esperienza quasi universale di essere lasciati soli. Una vittime racconta: “Non ho mai sentito alcuna compassione".
Il Rapporto scozzese dedica un paragrafo al caso del cardinale Keith O’Brien, finito nel 2013 al centro di una inchiesta per abusi ai danni di sacerdoti. Una accusa gravissima che gli impedì di partecipare al conclave e che lo ha oggi relegato, per volontà di papa Francesco, a vita privata.
Nel Rapporto si recrimina il fatto che anche in questo caso, la Chiesa non ha dato resoconto “aperto e trasparente” di quello che era successo. Alcuni sacerdoti della diocesi dove il cardinale O'Brien era arcivescovo, hanno detto alla Commissione di essere stati "lasciati al buio". Ma nel caso del cardinale O’Brien era intervenuto il Vaticano e pertanto i vescovi locali non erano in possesso di tutte le informazione richieste ed erano comunque tenuti alla riservatezza.
Il Rapporto riserva una sezione alle “buone pratiche”, indicando cosa si deve fare e cosa non fare con i minori e in caso di una “confessione” o di un sospetto come ci si deve comportare
La raccomandazione è quella di “mantenere la calma”, “non cedere allo shock”, rassicurare il bambino o il giovane di aver fatto la cosa giusta a parlarne, non investigare ma raccogliere tutti i dati utili per riferire a chi di competenza.
“Gli abusi sui minori sono un crimine orribile”, scrive l’arcivescovo Tartaglia nel volantino distribuito nelle parrocchie
“E lo è ancora di più se perpetrato all’interno della Chiesa, e da sacerdoti e religiosi. Tali azioni sono imperdonabili e intollerabili. Il danno causato è prima di tutto alle vittime, ma si estende anche alle loro famiglie e agli amici, così come alla Chiesa e alla società intera. Vorrei assicurare le vittime degli abusi che i vescovi cattolici della Scozia provano vergogna e dolore per quello che hanno sofferto. Siamo addolorati e chiediamo perdono”.