Haiti, ancora seicentomila bambini in difficoltà
Dopo l'uragano Matthew dell'ottobre scorso la conta delle devastazioni è impressionante. Caritas e Unicef continuano il loro impegno, ma ora anche il neo presidente Jovenel Moise dovrà garantire il futuro del paese.
Tre mesi fa l’isola di Haiti è stata devastata dall’uragano Matthew che l’ha colpita con tutta la sua forza lasciando prive di tutto oltre due milioni di persone.
Cento giorni dopo, un milione e quattrocentomila persone, 600 mila delle quali bambini, hanno ancora bisogno di assistenza umanitaria.
In questo scenario, il 3 gennaio la commissione elettorale ha ufficialmente nominato Jovenel Moise, membro del partito di centrodestra Tet Kale Party, vincitore delle elezioni presidenziali del novembre scorso con il 55.6 per cento dei voti.
Le elezioni presidenziali di Haiti si erano tenute una prima volta a ottobre del 2015, ma poi erano state annullate per brogli e dal febbraio 2016 il paese era governato da un presidente ad interim. Moise, che non ha esperienze rilevanti in politica, assumerà l'incarico il 7 febbraio e dovrà impegnarsi per ridare coraggio alla popolazione ancora stremata dall'uragano Matthew.
La conta delle devastazioni è impressionante: case distrutte, raccolti persi, danni a 716 scuole, ad ambulatori, a strutture e infrastrutture igienico-sanitarie: «Assicuro la mia vicinanza alle popolazioni ed esprimo fiducia nel senso di solidarietà della Comunità internazionale, delle istituzioni cattoliche e delle persone di buona volontà» aveva detto papa Francesco all’Angelus del 9 ottobre e la presidenza della Cei ha immediatamente stanziato un milione di euro per l’assistenza alle popolazioni di Haiti, affidando la gestione della somma a Caritas Italiana che è presente nell'isola con propri operatori dal terremoto del 2010.
Uno dei soggetti più attivi in questi mesi è stata l’Unicef che, con i suoi partner e in collaborazione con il governo di Haiti, ha potuto garantire tutti i giorni acqua potabile a più di 281 mila persone, tra cui più di 118 mila bambini.
Unicef ha anche messo mano alla ricostruzione di 14 scuole e ai lavori di riparazione in altre 107, un impegno grazie al quale oltre 36 mila studenti possono tornare in classe.
Ad ottobre l'Organizzazione mondiale della sanità ha inviato un milione di dosi di vaccino contro il colera, e la campagna di vaccinazione condotta dall’Unicef a novembre aveva raggiunto 807.395 persone, compresi 309.213 bambini di età compresa tra 1 e 14 anni.
L’Unicef ha anche aperto due uffici decentrati – uno a Les Cayes nel dipartimento Sud e l’altro a Jérémie nel dipartimento Grand’Anse – e Marc Vincent, rappresentante dell’Istituzione ad Haiti, parla di «alcuni progressi, ma molto resta ancora da fare» per consentire ai bambini haitiani e alle loro famiglie di beneficiare di acqua potabile, servizi igienico-sanitari, protezione e istruzione.
«In questi anni abbiamo sviluppato contatti con tantissime realtà per coprire un po’ tutto il territorio. Le dieci diocesi, tutte le parrocchie, le zone anche più lontane e interne le conosciamo bene e c’è un legame molto fitto, molto capillare – sottolinea da parte sua il vicedirettore di Caritas italiana, Paolo Beccegato – L’attenzione è quella di non dimenticare nessuno, di non concentrarsi solo su Port-au-Prince, sulle grandi città, ma dedicarsi ai villaggi più sfavoriti, più dimenticati».
Un impegno che è portato avanti dai tanti che da anni lavorano ad Haiti, come don Claudio Mainini, parroco di Mare Rouge, che ha raccontato come la scuola sia «rimasta chiusa per oltre un mese, e i ragazzi e i bambini oltre a perdere le lezioni hanno spesso saltato il pranzo non avendo più quello assicurato dalla scuola. La povertà della popolazione è tale che non permette alle famiglie di garantire nemmeno il cibo ai propri figli in maniera regolare».