8x1000 alla chiesa cattolica: la carità, nella trasparenza
Partecipazione 8xmille ancora in crescita e offerte per il sostentamento del clero in ripresa. È il quadro per il 2017 presentato al convegno nazionale degli incaricati diocesani, che si è tenuto a Salerno dall’8 al 10 maggio e che ha avuto al suo centro il ruolo delle parrocchie come snodo della nuova stagione del sostegno economico alla chiesa. Lo scorso anno oltre 15 milioni di contribuenti hanno scelto di assegnare l’8xmille alla chiesa cattolica (80,3 per cento del totale), valore in continua crescita rispetto a una platea che nel 2000 si fermava a 11,4 milioni.
Ma al di là dei numeri la Giornata di sensibilizzazione che si celebra domenica - e che guarda in particolare al ruolo della comunità parrocchiale - rappresenta anche un'occasione preziosa per riflettere sul rapporto tra chiesa e risorse economiche. Come Padova si è già da tempo impegnata a fare.
Mettere al centro di questa domenica il ruolo della parrocchia ha un preciso valore simbolico.
È un modo per ricordarci che il sostegno economico alla chiesa non è solo una questione che risolviamo in sede di dichiarazione dei redditi ma è una grande sfida di condivisione e di corresponsabilità ecclesiale.
Come spiegava nei giorni scorsi Matteo Calabresi, direttore del Servizio promozione Cei per il sostegno economico alla chiesa,
«le parrocchie sono il luogo privilegiato dove dare conto con trasparenza dell’azione della chiesa, dell’utilizzo dei fondi, ma anche in cui sollecitare i fedeli a domandarsi da dove vengono le risorse e a contribuire, donando ognuno secondo le proprie possibilità, con sempre più consapevolezza».
C’è poi un terzo motivo, che trae le mosse da uno dei passaggi della Evangelii gaudium in cui papa Francesco ricorda che c’è ancora tanta strada da fare perché le nostre parrocchie siano davvero “comunità missionarie”, aperte alla gente e improntate alla carità. L’utilizzo che facciamo dei soldi – e il modo in cui li raccogliamo – acquista dunque in questa prospettiva un particolare valore, che va anche oltre il semplice, ma necessario, sostegno alla vita della chiesa.
Ma torniamo al primo punto, la trasparenza.
Questo aspetto incrocia uno degli obiettivi a cui la nostra chiesa si è dedicata con particolare impegno in questi ultimi anni fino ad arrivare, lo scorso autunno, alla prima presentazione pubblica del suo bilancio. Un appuntamento che si ripeterà d’ora in poi ogni anno, perché quella intrapresa è una strada da cui non si torna indietro.
Qui dobbiamo essere chiari: nella società di oggi, e a maggior ragione quando si chiedono soldi, non si può dare nulla per scontato. La gente dona, anche volentieri, ma vuole sapere per che cosa, come vengono utilizzati i suoi soldi, e vuole che quanto si spende sia rendicontato con trasparenza.
Più si è chiari, insomma, più si è convincenti.
Ma l’impegno che la nostra chiesa si è assunta nasce anche da una matura consapevolezza di cosa significhi davvero la corresponsabilità:
quando una diocesi si impegna a pubblicare il suo bilancio, quando si impegna perché nelle parrocchie si faccia altrettanto e ci sia un consiglio degli affari economici che coopera col parroco nella gestione delle risorse e delle strutture, ecco che il messaggio è chiaro: non è più tempo di deleghe in bianco; c’è un cammino di comunione da fare insieme, presbiteri e laici; ci sono comunità che devono attivarsi ed essere responsabili delle scelte di fondo.
L’economia, come abbiamo imparato a dire, è un luogo teologico.
Non è altra cosa dalla nostra vita di fede, non è solo un aspetto strumentale. Anzi, è soprattutto nel modo in cui gestiamo i soldi che diamo oggi testimonianza concreta dei nostri valori e del nostro stile.
Per fortuna, nonostante la crisi, il numero di italiani che scelgono di sostenere la chiesa cattolica continua a crescere.
Un risultato tanto più incoraggiante, se si ripensa alle ripetute (e pretestuose) polemiche e ai tanti “falsi scoop” che hanno segnato gli ultimi anni.
Qualcuno ha parlato di un “effetto Francesco”, ma il fascino del papa non è certo l’unica ragione di tanta fiducia. Nonostante mille critiche e tanti limiti, gli italiani evidentemente riconoscono che c’è molto di buono nell’impegno di migliaia di parrocchie: accanto ai poveri, per l’educazione dei loro figli, nella costruzione di percorsi di crescita per gli stessi adulti, nel tenere insieme e tenere vive le comunità. E tutto questo a fronte di un contesto sociale sempre più sfilacciato e sempre più preda dell’individualismo.
Con questi presupposti, credo che invitare a sostenere l’impegno della nostra chiesa sia non solo opportuno ma fondamentale.
Per molti basterà mettere una croce in sede di dichiarazione dei redditi, per chi non è tenuto a presentarla c’è comunque la possibilità di dare la propria firma tramite un’apposita dichiarazione imbustata, sigillata e consegnata. Per tutti, e non solo in questi giorni, vale l’invito a un’offerta per il sostentamento del clero.
Diciamolo chiaro: i soldi servono. Come spiegava l’anno scorso il vicario per i beni temporali don Gabriele Pipinato nel presentare il bilancio della diocesi, dei soldi non bisogna aver paura, anzi speriamo di averne sempre di più a disposizione. Ma non per sentirci ricchi, non per inseguire precarie sicurezze… semplicemente, per fare il bene.
Per farlo a tutti gli uomini e le donne che possiamo incontrare lungo la nostra strada. E per farlo nella trasparenza, nella piena legalità, dando anche per questa via un messaggio chiaro a una società che di soldi ne maneggia tanti e che spesso non si pone nemmeno il problema né della loro provenienza, né tanto meno di quanto le nostre scelte economiche condizionino la vita degli altri.