Microcredito triplicato in 4 anni. E il 2015 sarà da record
Ente nazionale per il microcredito e Bcc insieme per aiutare i non bancabili ad accedere al credito per avviare o sostenere un’impresa. Baccini: “Trasformiamo disoccupati in imprenditori”. Dal 2011 al 2014 il microcredito all’impresa in Italia è passato da 37 milioni di euro a oltre 120. Le nuove linee di indirizzo sui piccoli prestiti.
L’azienda per cui lavorava Marinela ha chiuso e come liquidazione il suo ex datore di lavoro le ha lasciato tutta l’attrezzatura, le macchine da cucire.
“Non mi restava che aprire la mia attività”, racconta lei. Ma ottenere un finanziamento non è facile per chi non è “bancabile” ovvero non ha garanzie reali da offrire a un istituto di credito. La svolta per Marinela è arrivata grazie al microcredito e, in particolare, al sistema promosso e integrato dall’Ente nazionale per il microcredito insieme alla Banca di credito cooperativo (Bcc) che utilizza il fondo centrale per le piccole e medie imprese: circa 30 milioni di euro con cui potrebbero essere avviate circa 1.500 nuove imprese (massimo 25 mila euro per azienda).
“È la via italiana al microcredito – spiega Mario Baccini, presidente dell’Ente nazionale del microcredito, istituto che coordina, indirizza e monitora gli strumenti microfinanziari su delega della Presidenza del Consiglio in attuazione dell’articolo 111 del Testo unico bancario – Grazie alla banca e al Fondo nazionale di garanzia abbiamo fatto in modo che un piccolo prestito potesse trasformarsi in microcredito”.
Come Marinela altre persone che non avevano accesso al credito hanno potuto chiedere un finanziamento e avviare un’impresa: Fulvio ha rilevato una gioielleria, acquistando la merce e gli strumenti per il laboratorio, Marco ha creato un service audio e luci, Angelo ha chiesto un prestito per la sua libreria, Serena ha avviato un’agenzia di viaggi ed eventi, Andrea Letizia ha aperto un bar.
“Abbiamo percorso l’ultimo miglio che divideva il bisogno dalla sua soddisfazione – continua Baccini – Trasformare il disagio in utilità, far sì che una persona disoccupata possa diventare un nuovo contribuente, un nuovo consumatore, un cliente per la banca”. In poco più di un mese e mezzo, il nuovo progetto di Bcc ed Ente nazionale del microcredito ha permesso di finanziare solo nel Lazio 30 imprese.
Ciò che distingue il microcredito dal credito ordinario è l’attenzione alla persona, l’accoglienza, l’ascolto e il sostegno nella fase di pre-erogazione e in quella successiva, nonché la particolare attenzione alla validità e sostenibilità del progetto.
Proprio per questo una componente essenziale delle operazioni di microcredito (sia imprenditoriale che sociale) è l’erogazione dei servizi non finanziari di assistenza e monitoraggio che il finanziatore è tenuto a fornire al beneficiario direttamente o tramite enti specializzati per tutta la durata del prestito.
È di questi giorni la presentazione da parte dell’Ente nazionale per il microcredito delle Linee di indirizzo sull’erogazione dei piccoli prestiti che hanno l’obiettivo di formalizzare le attività che i soggetti eroganti microcredito (banche e non solo) devono fornire a chi chiede il piccolo prestito (che è coperto per l’80 per cento dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese).
“Vogliamo prevenire il rischio di un aumento del tasso di insolvenza nei progetti di microcredito, perché quelli del Fondo di garanzia sono soldi pubblici e vanno spesi bene – ha detto Baccini – Bisogna selezionare il progetto da finanziare e monitorarlo negli anni, sostenendo l’imprenditore”.
In questo senso è importante la figura del tutor che aiuta la persona ad avviare il progetto e ne controlla le varie fasi, “è la persona che guarda negli occhi chi chiede il prestito e cerca di capire la sostenibilità del progetto e se si tratta di microcredito d’impresa o sociale”.
La vera differenza insomma, al di là del finanziamento, la fanno i servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio (previsti dall’articolo 111 del Testo unico bancario). “La legge dice che almeno 2 di questi servizi sono essenziali non che è facoltativo darli – continua il presidente dell’Enm – Tutoraggio e monitoraggio devono essere fatti personalmente e non on line, solo così si può evitare il default o la mortalità dell’azienda dopo i primi due anni”.
Il microcredito può essere sociale, se rivolto a soggetti vulnerabili dal punto di vista sociale ed economico per consentirne l’inclusione sociale e finanziaria, o d’impresa se si rivolge a giovani, donne, disoccupati, migranti che intendono avviare o potenziare un’attività di microimpresa o di lavoro autonomo e che hanno difficoltà di accesso al credito bancario.
Il primo può essere finanziato con un massimo di 10 mila euro da restituire entro 5 anni, senza l’assistenza di garanzie reali, mentre per il secondo l’importo massimo è di 25 mila euro per 7 anni, rimborsabili con rate al massimo trimestrali, senza garanzie reali ma con la possibilità di accedere al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
Tra il 2011 e il 2014 il microcredito all’impresa in Italia è passato da 37 milioni di euro a oltre 120 con un tasso di incremento annuo dell’80%.
“I dati del 2015 che stiamo elaborando mostreranno che nell’ultimo anno è raddoppiato”, mentre per quello sociale sono stati destinati in media circa 25 milioni di euro ogni anno.
Con riferimento al 2014, metà del volume complessivo delle operazioni è stato erogato a iniziative di microcredito promosse dalle Regioni, il 37% su 4 iniziative a carattere nazionale e il rimanente 12% a un microcosmo di 95 programmi a carattere locale.
Secondo i dati dell’Ente nazionale microcredito, ogni destinatario di microcredito produttivo sviluppa un effetto leva di 2,43 occupati.
Ciò significa che per ogni microcredito concesso si dà origine a 2,43 posti di lavoro, compresi i percettori. Nel 2014 sono stati più di 13.800 i nuovi posti di lavoro creati per un totale di oltre 34 mila occupati nell’intero quadriennio 2011/2014.