Il lavoro disumano nel nuovo illustrato per adulti di Kite edizioni
ll doppio di Davide Calì e dell'illustratrice Claudia Palmarucci è l’ultimo titolo uscito da poco nella collana di illustrati over15 “Le voci” di Kite edizioni diretta da Giulia Belloni. Il testo e le immagini si concentrano su una profonda riflessione sull'uomo e il lavoro disumano.
Dopo Confesso che ho desiderato e Guarda che la luce è del cielo, la terza opera illustrata di Kite edizioni rivolta al pubblico adulto centra ancora una volta il segno con un’articolata riflessione sul lavoro che parte da Charlie Chaplin e il suo Tempi moderni.
È impressionante cosa si celi dietro a ogni singola tavola: tutto l’illustrato è pervaso di echi artistici e letterari (Picasso, Frida Kalo, George Orwell…), citazioni cinematografiche, riconoscibili in ogni tavola illustrata dalla giovane Claudia Palmarucci che ha scelto, senza presunzione di sorta, di portare lentamente il lettore con sé dentro al disegno, catalizzando l’attenzione lungo una strada intrisa di cultura ed emozioni che conducono al significato dell’elaborazione finale dell’illustrazione.
Lo stile richiama l’epoca fascista e la sua idea di superuomo, super produttivo, super votato al lavoro per il raggiungimento dell’autarchia assoluta. Si riconoscono i valori futuristi, le concezioni orwelliane dell’uomo e del proprio destino, il triste disincanto sull’uomo soggiogato dalla tecnica e dalla meccanica di registi, solo per ricordarne alcuni, come il già citato Chaplin, Fritz Lang di Metropolis, Buster Keaton di Sul viale del tramonto e Luci della ribalta.
Confondendo volutamente i piani della narrazione e dell’immagine, il libro racconta la storia di Xavier, impiegato in una grande fabbrica che lui stesso non sa cosa produca, perché l’obiettivo è soltanto quello di incrementarne il fatturato. Ma a un tratto il fisico sopraffatto dalla stanchezza frena bruscamente una routine disumana: «Un giorno tornai a casa e trovai che i pesci nell’acquario erano morti. Era troppo tempo che non gli davo da mangiare. Ero troppo stanco per ricordarmene. Fu allora che mi dissi che così proprio non andava. Non vedevo più gli amici, non avevo più il tempo di andare al cinema, non riuscivo nemmeno ad andare a trovare mia mamma».
Da qui la decisione di andarsene, di spezzare il giogo che non permetteva di alzare gli occhi su quella vita su cui il suo capo era stato costretto ad abbassarli dopo la morte dell’amato figlio. Ma una soluzione cinica e impietosa viene trovata dal titolare della fabbrica: anche per Xavier produrre un duplicato che viva al posto suo la quotidianità, perché le capacità originali sono insostituibili e servono alla fabbrica per evadere le sempre più numerose richieste...
I testi di Calì tengono incollati alle pagine verso un finale per niente scontato e permettono di interpretare da un’altra angolatura le immagini di Claudia Palmarucci. Il doppio si rivela, perciò, un’opera fruibile su più piani che il lettore può liberamente scegliere, ritornando sulle pagine più e più volte.