Il Duomo di Piove, la ricca panoramica di Giuliana Ericani
Incastonata tra Padova, Venezia e la Romagna, Piove di Sacco vede nei secoli il passaggio di insigni artisti. I saggi di Giuliana Ericani, socio onorario degli Amici del Gradenigo per l’opera intensa di salvaguardia dell’arte della Saccisica nei 13 anni in cui è stata sovrintendente, annoverano le testimonianze rimaste, come quelle oggi altrove a partire dal polittico trecentesco del Guariento per arrivare al Settecento del Tiepolo, passando per il Quattrocento di Jacopo da Montangnana.
I due saggi del volume Il duomo di Piove di Sacco. Mille anni di storia e arte dedicati al patrimonio artistico della chiesa sono stati scritti da Giuliana Ericani, socio onorario degli Amici del Gradenigo per l’opera intensa di salvaguardia dell’arte della Saccisica nei 13 anni in cui è stata sovrintendente.
L’accurata panoramica, come ha messo in evidenza nella relazione introduttiva al volume Francesca Flores D’Arcais, ha il suo primo punto di forza nel Trecento, un secolo importante anche per Piove, che la singolare posizione geografica metteva a contatto con Padova, ma anche con Venezia, la Romagna, i pittori riminesi. Un intreccio di influenze che si avvertono chiaramente nel polittico del 1344 del Guariento, commissionato per il duomo di Piove e oggi in America, ma anche in quello che ora si trova nel museo diocesano.
Anche il Quattrocento è stato un secolo fertile d’arte per il duomo piovese, soprattutto per le sculture che risentono delle caratteristiche iconografiche della pittura padovana dell’ottavo e nono decennio (Jacopo da Montagnana) e dell’influsso della bottega del Donatello. In particolare si segnalano la Madonna lignea con Cristo sulle ginocchia e un crocifisso proveniente dalla chiesa di San Rocco, ora collocato sull’altar maggiore, ancora vicino ai modi del tardogotico.
La pendolarità tra Padova e Venezia risalta con evidenza nel Cinquecento, secolo in cui spicca la grande pala di San Martino in trono tra i santi Pietro e Paolo di Giovanni Pietro Silvio. Ma il duomo di Piove conserva anche delle opere insigni dello scultore Francesco de’ Surdis, soprattutto l’altare del Santissimo Sacramento, e una Cena in Emmaus (nella foto) intagliata su legno che rimanda al grande cantiere padovano dei cori di Santa Giustina. Al tardo Cinquecento fa riferimento il grande telero con la Processione del Corpus Domini, vero e proprio “documentario” sulla cittadinanza piovese colta da Andrea Vicentino attraverso il ritratto fedele dei suoi maggiorenti.
Il Seicento quindi si affaccia sul capoluogo della Saccisica (e siamo al secondo saggio della Ericani) con una serie di tele realizzate per i nuovi altari e per il presbiterio riedificato nel 1599. La sfilata è aperta dal telero di San Lorenzo in gloria tra le sante Maddalena e Marta di Giovan Battista Bissoni e culmina nel ciclo sulla vita di Maria di Giovanni Battista De Lambranzi, che «rappresentano un momento filo-veneziano della committenza dell’abate Francesco Simeoni, divenuto arciprete nel 1683, committenza che soppianta il secolare riferimento all’ambiente artistico pado- vano». Infine il Settecento porta a Piove la magnifica presenza, ma non isolata, di Giambattista Tiepolo.