Sinodo sulla famiglia/1 * Tra parola di Dio e magistero della chiesa
Primo appuntamento del percorso "verso il sinodo sulla famiglia". Mons. Giuseppe Trentin interviene sul primo blocco di domande del questionario preparatorio, che riguarda la "diffusione della Sacra Scrittura e del magistero della chiesa riguardante la famiglia". Appuntamento ogni quindici giorni
Lo scorso anno papa Francesco ha inviato a tutte le diocesi del mondo un questionario su “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. L’obiettivo che si proponeva era duplice: coinvolgere in qualche modo tutti, pastori, teologi e fedeli, nella preparazione del prossimo sinodo straordinario sulla famiglia; ma soprattutto lanciare un messaggio: il papa desidera, indipendentemente dalle risposte, che sui problemi della famiglia vengano coinvolti quanti ne fanno l’esperienza e si pongono quotidianamente e concretamente una serie di domande che chiamano in causa l’evangelizzazione, l’annuncio del vangelo.
La prima di queste domande è relativa alla “diffusione della Sacra Scrittura e del magistero della chiesa riguardante la famiglia”. Una domanda cui è difficile rispondere in assenza di dati precisi. Ma non è questo, a me sembra, il problema da affrontare. Dietro a questa domanda infatti si intravede una questione ben più delicata e complessa, quella del rapporto tra magistero e Scrittura da una parte e magistero e coscienza dall’altra. Non è il caso di addentrarsi in distinzioni e disquisizioni tecniche sul diverso grado di autorevolezza del magistero dei vescovi e dei teologi. Diciamo solo che sia il magistero dei vescovi come quello dei teologi hanno in comune il fatto di non essere sopra, ma sotto la parola di Dio, al suo servizio.
Più o meno la stessa cosa si deve dire anche in riferimento al rapporto tra magistero e coscienza. Al pari del magistero la coscienza non è sopra, ma sotto, al servizio della parola di Dio. Per cui se è importante conoscere e confrontarsi con il magistero della chiesa sulla famiglia, non è meno importante, anzi ineludibile, mettersi in ascolto e annunciare ciò che la parola di Dio ci dice sulla famiglia. Cosa tutt’altro che facile nella misura in cui implica una corretta interpretazione della Sacra Scrittura che aiuti a discernere ciò che appartiene a una determinata cultura e passa, anzi deve passare, e ciò che appartiene invece alla parola di Dio e non solo non deve passare, ma deve incarnarsi e diventare messaggio e testimonianza credibile e significativa per tutti.
In riferimento alla famiglia viene da pensare che la parola di Dio, attestata dalla Sacra Scrittura, presenti una dottrina propria, specifica, diversa dalle altre. Non è così. Si parla certo nella chiesa, e giustamente, di famiglia cristiana. È bene tuttavia ribadire che non esiste una dottrina specificamente cristiana sulla famiglia. Esiste invece, questo sì, una dottrina specificamente cristiana sul matrimonio. Che infatti per il cristiano cattolico è sacramento, segno e strumento dell’Alleanza di Dio con il suo popolo, di Cristo con la chiesa. Quando pertanto si parla di famiglia cristiana la si deve intendere anzitutto come “chiesa domestica”, piccola chiesa che affonda le sue radici nel sacramento del matrimonio e ne diventa l’annuncio, la testimonianza visibile nel tempo e nello spazio.
Non sempre lungo i secoli pastori e teologi hanno sviluppato in modo coerente e rigoroso tale dottrina, che ora papa Francesco, se interpreto bene, ha tutta l’intenzione di riprendere e riproporre al prossimo sinodo in modo che diventi l’orizzonte all’interno del quale dipanare le singole questioni. Impresa, diciamolo subito, tutt’altro che facile e da affrontare in modo graduale e attento non solo alle premesse teologiche, ma anche – e qui sta la difficoltà – alle mediazioni antropologiche ed etiche. Per il momento è sufficiente rilanciare e ribadire l’idea che formare una famiglia cristiana non implica tanto “sposarsi in chiesa” quanto “sposarsi nella chiesa”. E cioè accogliere e ispirare la propria vita al progetto di Dio che chiama i coniugi a essere “sacramento”, segno e strumento della sua misericordia e tenerezza per tutti. A cominciare ovviamente dalla famiglia, dove in quanto cristiani siamo chiamati ad aprire porte e finestre e a tessere relazioni sempre nuove tese a costruire la piccola e grande famiglia dei figli e delle figlie di Dio.