Perarolo, giovanissimi pellegrini sulla Francigena. Domenica arriveranno a San Pietro
17 ragazzi di Perarolo si trovano in questo momento pellegrini sulla via Francigena. Supereranno limiti mai prima sfiorati e approderanno a Roma, da dove la fede in Cristo si è espansa in tutto il mondo occidentale. L'arrivo è previsto per domenica 6 agosto. Ancora una volta un'antica via di pellegrinaggio medievale, diventa un'esperienza indimenticabile per adolescenti del terzo millennio
La via Francigena, attraversata dai pellegrini fin dall’Alto Medioevo, ha inizio a Canterbury e si chiude a Roma, centro della cristianità.
17 ragazzi dalla prima alla quarta superiore della parrocchia di Perarolo di Vigonza sono impegnati in questi giorni a percorrerne l’ultimo tratto, quello che dal lago di Bolsena porta fino a piazza San Pietro.
«Se parli con un ragazzo di oggi e gli proponi un pellegrinaggio – spiega Ivan Catanese, tra i responsabili della proposta – ti guarderà male. Penserà infatti subito a un’esperienza stancante, in cui si cammina, si fa fatica e si prega. Per noi invece, pellegrinaggio vuole dire raggiungere sì una meta ben precisa, Roma e San Pietro, ma apprezzare anche tutto il percorso, nel quale riscoprire, se non scoprire, la dimensione della preghiera, una preghiera che trae forza dal fatto che la si fa insieme. Oltre i pregiudizi su ciò che “sa di vecchio”, pensiamo sia davvero possibile riscoprire il gusto vero del pellegrinaggio».
Il cammino è iniziato lunedì 31 luglio da Orvieto e si conclude domenica 6 agosto a Roma. «Il pellegrinaggio finisce proprio a Roma, da dove il messaggio di Cristo si è espanso nel mondo occidentale grazie a Pietro e Paolo. Per questo, durante il tragitto, ragioniamo e parliamo della nostra esperienza di fede, una fede personale, che però si mescola con la fede delle tante persone, provenienti da ogni parte del mondo, che si riuniscono insieme a Roma. Anche noi, dentro la chiesa, siamo chiamati a vivere la nostra fede personale e a rispondere alla chiamata del Signore».
Giorni preziosi anche per cementare le dinamiche di gruppo: «Questi giovani sono molto uniti: sono ragazzi di paese che hanno già vissuto tante esperienze insieme e che hanno condiviso molto. Si aspettano di divertirsi, di vivere insieme momenti di fraternità e di vita comunitaria in modo diverso dalle esperienze che hanno già avuto modo di sperimentare. Sanno che è un campo, si aspettano attività che li aiutino a scavare dentro di loro, a interrogarsi e a porsi in un atteggiamento di crescita. È un gruppo che reagisce bene alle proposte e che dà sempre il meglio».
In fondo, però, il cuore di questo campo itinerante, così diverso dai quei campi residenziali in montagna vissuti fin dall’infanzia, è il camminare, sentire se stessi, la propria fatica e i propri desideri.
«Camminare richiede silenzio e concentrazione, specie nei passaggi difficili. Camminare mi ha aiutato, in un’esperienza simile, a riflettere sulla mia situazione personale di fede, sulla mia vita e la mia chiamata»