Il vescovo Claudio alle cucine popolari: «Sono venuto tra amici»
«Il nostro impegno è per i poveri. Per loro bisogna fare sempre di più e sempre meglio» ha sottolineato il vescovo Claudio appena dopo aver pranzato come gli altri ospiti, e ha aggiunto «il termine schedatura, più volte risuonato sui giornali, non mi appartiene», mentre va avviata «una conoscenza personalizzata e di accompagnamento perché queste persone possano reinserirsi nella vita sociale».
«Sono venuto a mangiare tra amici». Il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, ha dichiarato così stamane, martedì 1° marzo 2016, all’ingresso delle Cucine economiche popolari di via Tommaseo, dove si è recato a pranzo, accompagnato da don Gabriele Pipinato, vicario episcopale per le risorse.
Il vescovo è arrivato a piedi, verso l’una, ha salutato i cronisti presenti a cui ha ribadito l’attenzione verso i poveri e il suo desiderio di «mangiare tra amici»; è entrato alle Cucine e, come tutti, ha preso il numero si è messo in fila per ricevere il vassoio con il pranzo. Nell’attesa ha salutato alcuni ospiti oltre a suor Lia Gianesello, don Rino Pittarello e don Giuseppe Maniero, quindi si è recato al tavolo a condividere il pranzo con le altre persone. Dopo il pasto ha salutato e si è intrattenuto brevemente con le suore, i volontari e le cuoche.
Non è la prima volta che mons. Cipolla si reca alle “cucine”, una vicinanza ai poveri e a quanti – volontari, operatori, suore – si impegnano per prestare un servizio di prossimità ai meno fortunati.
«Il nostro impegno è per i poveri. Per loro bisogna fare sempre di più e sempre meglio» ha sottolineato il vescovo Claudio e ha aggiunto «il termine schedatura, più volte risuonato sui giornali, non mi appartiene», mentre va avviata «una conoscenza personalizzata e di accompagnamento perché queste persone possano reinserirsi nella vita sociale».
È la relazione umana e profonda che qualifica i percorsi di aiuto e di sostegno e su questo l’impegno della Chiesa di Padova, in tutte le sue forme e possibilità, è prioritario, sempre nell’ottica di migliorare, valorizzare e qualificare il proprio servizio ai più deboli.
«Ho la certezza interiore – conclude il vescovo – di interpretare non solo la sensibilità delle comunità cristiane ma anche quella di tanti cittadini. Anzi con l’aiuto di suor Lia e di tanti altri operatori di prossimità c’è la consapevolezza che non sono sufficienti solo interventi di emergenza ma bisogna lavorare di più perché l’attenzione a chi è in difficoltà trovi spazio nella vita della città come segno di civiltà e di cultura».