Grande festa per i 50 anni delle missioni padovane in Kenya

Il vescovo mons. Mattiazzo sabato 11 luglio ha inaugurato una targa che ricorda il mezzo secolo di collaborazione proficua tra le chiese di Padova e di Nyahururu. A settembre un sacerdote della diocesi sorta nel 2003 sull'altipiano del Nyandarwa inizierà a frequentare l’Istituto di liturgia pastorale di Santa Giustina risiedendo nella comunità parrocchiale di Perarolo.
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Grande festa per i 50 anni delle missioni padovane in Kenya

La celebrazione che la diocesi di Nyahururu ha dedicato sabato 11 luglio al 50° anniversario della collaborazione con quella padovana, nell’ambito del rito solenne di ordinazione sacerdotale e diaconale, è stata un grande, commosso abbraccio di due sorelle che hanno una lunga storia da condividere. E condivisione è la parola chiave di questo momento, secondo don Gaetano Borgo, direttore dell’ufficio diocesano di pastorale della missione, presente a Tabor Hill accanto a mons. Mattiazzo. «Il vescovo – sottolinea – ha voluto essere presente perché metà di questi 50 anni sono stati compiuti durante il suo servizio episcopale a Padova e in questo passaggio particolare di chiusura del suo ministero ha voluto sottolineare la dimensione dell’ascolto reciproco, per consigliarsi e poi ripartire».

La celebrazione del giubileo è stato un momento di gioia, di festa, di fraternità anche con le altre diocesi del Kenya. Davanti a più di quattromila persone presenti, hanno celebrato nove vescovi accanto a mons. Joseph Mbatia: l’arcivescovo di Nyeri, chiesa madre del Nyandarwa, i presuli delle diocesi vicine e il vescovo castrense. Il vescovo Antonio ha benedetto una targa che, citando le parole di Isaia, ricorda i cinquant’anni di «fede ricevuta, di fede condivisa, di fede vissuta». La diocesi di Padova ha offerto un calice come segno di questo dono di fede che diventa reciproco.

Un altro forte segno di condivisione: a settembre don Samuel Wainaina Gaitho, presbitero della diocesi di Nyahururu, inizierà a frequentare l’istituto di liturgia pastorale di Santa Giustina risiedendo nella parrocchia di Perarolo.

Si rafforza la comunione tra le chiese

La celebrazione dell’11 luglio a Nyahururu è stata preceduta da un convegno di tre giorni organizzato a Tabor Hill dalla conferenza episcopale kenyota per avviare la riflessione su che cosa possono rappresentare i fidei donum per la chiesa africana, nel quadro di una condivisione tra diocesi limitrofe e con gli stati vicini. Vi hanno partecipato tre sacerdoti padovani che hanno prestato il loro servizio di fidei donum nel paese africano: don Edoardo Bregolin (nel Nyandarwa dal 1981 al 2006); don Leonardo Sella (fidei donum dal 1967 al 1980 e dal 1990 al 1993) e don Francesco Resini (in Kenya dal 1965 al 1988).

Don Resini, che pure ha iniziato la sua missione pastorale a Tetu, la missione della Consolata lasciata dai padovani nel 1967, è stato partecipe fin dal suo inizio dell’“impresa” del Nyandarwa. «Ho trovato la chiesa di Nyahururu cresciuta nella fede e nel ricordo della sua storia. Le comunità parrocchiali sono cresciute di numero, con lo smembramento di quelle iniziali, il che favorisce un rapporto più intenso della gente con i nuovi parroci, tutti africani. Sia i preti che la gente ricorda con affetto i sacerdoti, le suore, i laici padovani». Don Resini era parroco di Manunga quando in una delle sue comunità a Passenga (che ora è parrocchia) compiva i primi passi nella fede l’attuale vescovo di Nyahururu, mons. Mbatia.

Per quanto riguarda l’evoluzione dei fidei donum africani secondo don Resini «è bello vedere come sacerdoti della diocesi dell’interno, dove la vita à più sicura, Marsabit, Nyeri e altre, siano disponibili ad andare nelle zone di confine, come Lamu e Larissa, dove le condizioni di vita sono più severe e anche la sicurezza dei cristiani è a rischio».

Don Bregolin aveva più di un motivo per far festa: un sacerdote e un diacono ordinati l’11 luglio provenivano dalla sua ex parrocchia di Sipili, dove continua a sostenere la scuola governativa per sordomuti. Ha concelebrato la messa novella del nuovo presbitero e ha constato i progressi della sua comunità. «Il convegno di Tabor Hill, dove qualche anno fa si erano incontrati i fidei donum italiani operanti in Africa, ha constatato la promettente crescita dei fidei donum africani, una quindicina ormai. Anche Nyahururu ne ha già uno, che lavora nella diocesi di Marsabit. È un fenomeno ancora all’inizio, ma è bello che giovani diocesi africane, che avrebbero magari la necessità di tenersi stretti i propri preti, siano disponibili a mandarli in aiuto di altre zone. Significa che la mentalità si sta aprendo e si sta diffondendo questo senso di universalità della chiesa. Anche il sacerdote diocesano, come ci diceva il vescovo Bortignon al momento dell’ordinazione, viene fatto prete per essere a servizio di tutto il mondo e non solo della sua diocesi. È un cammino che privilegia l’inculturazione, il mettersi alla scuola della lingua e della cultura locale, anche nelle comunità più povere dal punto di vita materiale. E questo aiuterà a rendere più forte la comunione tra le chiese».

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