“Prima le mamme e i bambini”, una scommessa vinta
Garantire un parto assistito, ridurre il numero delle morti fetali e neonatali. Una sfida lunga cinque anni che ha coinvolto quattro paesi dell'Africa subsahariana, portata avanti con fatica e difficoltà. Una sfida vinta da Medici con l'Africa Cuamm: ecco i numeri del successo.
Cinque novembre 2011: in occasione dei 60 anni di Medici con l’Africa Cuamm, don Dante Carraro, direttore dell’organizzazione non governativa sanitaria padovana, al cospetto del presidente della repubblica Giorgio Napolitano, presentò un arduo progetto, “Prima le mamme e i bambini”.
Una sfida da far tremare i polsi perché, mentre diceva quelle parole, don Dante era consapevole di non avere i fondi necessari per affrontare un tema così delicato come quello di ridurre la mortalità materna, fetale e neonatale, garantendo un accesso sicuro e gratuito al parto e la relativa cura del neonato in ben quattro paesi dell’Africa subsahariana come Angola, Etiopia, Tanzania e Uganda.
Un azzardo e un atto di fede, una battaglia combattuta anche quando attorno tutto si faceva complicato, quando fatiche e delusioni sembravano prevalere. Ma esattamente cinque anni dopo, don Dante e tutti i medici, i volontari e gli operatori del Cuamm possono sollevare le braccia al cielo: con 134.910 parti assistiti rispetto ai 125 mila inizialmente prefissati come obiettivo, la sfida è stata vinta. Meglio delle aspettative, con un successo pari al 108 per cento.
Una gara umanitaria in una terra vulnerabile, debole, nella quale non sempre è garantito un atto naturale come il nascere o il vivere
I numeri legati alla mortalità materna e neonatale sono drammatici, se si pensa che, a causa del parto, ogni anno perdono la vita 500 mila donne, molte concentrate nel sud dell’Africa, mentre tra i sette e gli otto milioni di bambini non riescono a raggiungere i cinque anni di età.
“Prima le donne e i bambini” è partito da qui, smuovendo la coscienza internazionale e addentrandosi nel cuore del problema: la nascita, se adeguatamente assistita e supportata, porta con sé la rinascita del sistema sanitario stesso.
Se all’interno di un piccolo ospedale rurale da 200 posti letto, periferia dell’esistenza, si garantiscono i mezzi idonei per ospitare un parto, anche cesareo, a funzionare è tutta la filiera tra il laboratorio di analisi, la sala operatoria, l’impianto di illuminazione e refrigerazione. Insomma, un’efficace strategia per costruire una struttura adeguata per la gestione delle emergenze e per qualsiasi genere di intervento.
Per questo, quando il Cuamm con orgoglio presenta i dati dei quasi 135 mila parti, sottolinea l'importanza delle strutture sanitarie periferiche che hanno dato alla luce dei 94.570 neonati, più dei due terzi del totale.
Funziona il sistema messo in piedi nei distretti di Chiulo in Angola, di Wolisso in Etiopia, di Tosamaganga in Tanzania e di Aber in Uganda: sensibilizzando, infatti, le comunità e attrezzandole con personale formato e preparato, la donna incinta viene assistita direttamente sul posto evitando quindi di ingolfare gli ospedali centrali e garantendo serenità e tranquillità alla futura neomamma. In caso di emergenza il Cuamm, nonostante le impervie condizioni stradali che obbligano spesso a spostarsi con le moto-ambulanze, ha anche coordinato 5.292 trasporti verso gli edifici ospedalieri più attrezzati.
Così l’epiteto “Medici con l’Africa” rafforza la sua identità e il suo spirito di coesione perché solo grazie alla stretta collaborazione coi partner locali è stato possibile crescere con entusiasmo, energia e determinazione.
Il Cuamm ha formato 590 infermieri e ostetriche, un numero sensibilmente alto se pensiamo che in Etiopia la media è di un’ostetrica ogni 20 mila mamme che partoriscono.
Pur avendo operato nei quattro distretti ospedalieri della chiesa cattolica, i medici e i volontari hanno cercato un dialogo quotidiano anche con i governi locali, fondamentale per far capire quanto sia necessario collaborare e garantire alle popolazioni mezzi adeguati per camminare con le proprie gambe. Ecco perché don Dante racconta, con trasporto e animo gioioso, la decisione dello Stato etiope di finanziare il progetto con cinque milioni di birr (moneta nazionale), due in più rispetto ai tre inizialmente proposti. Ma non solo in Africa, anche in Italia in molti hanno creduto nel Cuamm, dalle fondazioni bancarie di Padova, Verona, Milano e Torino, alla Conferenza episcopale italiana, passando da tutti quei cittadini sensibili, studenti universitari, gruppi parrocchiali e anziani che, attraverso donazioni e raccolta fondi, hanno dato il loro prezioso aiuto.
Un mano tesa pronta a sorreggere chi, passo dopo passo, sta provando a rialzarsi e a intraprendere un cammino ancora lungo e tortuoso.
Per questo, il progetto “Prima le mamme e i bambini” non si ferma e rilancia un nuovo piano quinquennale, con l’obiettivo di estendere capillarmente le strutture per garantire miglior copertura, qualità ed equità inglobando anche il Sud Sudan, il Mozambico e il Sierra Leone, alle prese con una lenta “guarigione” dopo l’epidemia di ebola.
Nel programma, inoltre, si vogliono raggiungere le 320 mila nascite con un’assistenza continua e costante sia prima che dopo il parto: un totale di mille giorni dagli ultimi mesi della gravidanza, all’allattamento fino ai primi due anni di vita del neonato. Un impegno per combattere la malnutrizione, altra piaga che attanaglia i paesi sudafricani.
Quelli del Cuamm non sono solo numeri, ma sono vite salvate di mamme e di bambini che oggi possono guardare al futuro con un pizzico di speranza in più.