Grandi opere, taglio netto del governo anche sul Veneto
Nei nuovi progetti del governo, che ha drasticamente ridimensionato le previsioni contenute nella Legge obiettivo, priorità solo per Pedemontana, alta velocità e terza corsia della Venezia-Trieste.
Sparite dal Def, che andrà alla camera il 23 aprile, la Valdastico Nord, la Valsugana, la Nogara- Mare e la Romea commerciale.
La cura dimagrante delle grandi opere tocca, e da vicino, anche il Veneto
Questione di priorità e di scarsità di risorse. Fatto sta che il Def (Documento di economia e finanza) che approderà alla camera il prossimo 23 aprile porta con sé un “allegato-infrastrutture” – scaricabile dal portale del Tesoro – il quale abbatte a 25, dalle precedenti 51, il numero delle grandi opere ritenute davvero necessarie.
Nella nostra regione, oltre al Mose di Venezia che ha una storia a sé, vedranno dunque la luce la Pedemontana Veneta (2,2 miliardi di euro di cui 1,6 da privati), la terza corsia dell’A4 da Venezia a Trieste (614 milioni di fondi pubblici) già realizzata al 50 per cento, e poi l’alta velocità-alta capacità ferroviaria Milano-Venezia per le tratte Brescia-Verona (siamo al progetto definitivo da 4 miliardi di euro di cui solo 2,2 sono già disponibili) e Verona-Padova (anche qui progetto definitivo, stavolta da 5,4 miliardi di cui pronti all’uso solo 1,8).
Sulla Pedemontana si apre un piccolo giallo sui tempi: il ministero, che dà l’opera per realizzata all’11,92 per cento, fa slittare ancora più in avanti i tempi di consegna. I 93 chilometri di superstrada a pedaggio da Montecchio Maggiore a Villorba secondo le Infrastrutture saranno pronti solo al 31 dicembre 2019.
Dall’elenco – che pure il neo ministro Graziano Delrio per placare le proteste alzate dal Nord al Sud Italia, ha provato a minimizzare: «L’elenco non è un assoluto. Nella programmazione triennale porteremo avanti tutte le opere previste» – rimangono esclusi i principali assi viari di cui si è parlato in questi anni: la Valdastico Nord (due miliardi di euro per 39 chilometri fra Piovene e Besenello), la nuova Valsugana (il cui project financing era già stato respinto dai sindaci della valle), la nuova Romea commerciale, al centro dell’ennesimo caso di mazzette, la Nogara-Mare.
«L’utilità delle strade che sono rimaste fuori dal Def non si discute, specie se si considera che rientrano in un piano di sviluppo non solo nazionale ma europeo – puntualizza Gian Pietro Napol, presidente della Federazione degli ordini degli ingegneri del Veneto (Foiv) – Capiamo però che le ristrettezze finanziarie impongano delle scelte».
Il ragionamento di Napol muove da uno studio, presentato nei giorni scorsi, nel quale gli ingegneri veneti hanno messo sotto la lente d’ingrandimento la futura città metropolitana considerando demografia, tempi di percorrenza periferia-centro, servizi, produzione, occupazione e, appunto, infrastrutture.
La vera sfida? Dotare di infrastrutture la futura città metropolitana
«È evidente che convertire in città metropolitana la sola provincia di Venezia, secondo la legge Delrio, sarebbe un’operazione banale. Dal nostro studio emerge un duopolio Padova-Venezia, con flussi maggiori dalla laguna al capoluogo euganeo. Attorno a questo nocciolo duro si nota come Treviso graviti su Venezia e Vicenza su Padova. Questo soggetto geopolitico a forma di ferro di cavallo o di boomerang potrebbe dunque costituire una metropoli pluricentrica da 2,5 milioni di abitanti, caratterizzata da un’economia tale da poter essere paragonata alle grandi metropoli europee».
In questo contesto gli ingegneri giudicano indispensabile il completamento della Pedemontana, anzi, «occorrerebbe completarla con un tratto da Pordenone a Gemona – chiosa Napol – per dare una vera alternativa al traffico diretto al Tarvisio». Altrettanto scontata la soluzione all’imbuto creato dalle due corsie sulla Venezia-Trieste.
Negativo invece il giudizio sulla sospensione dell’A31 nord verso Trento. «Il nostro studio ci dice che i problemi di mobilità all’interno dell’ipotetica città metropolitana sono proprio nella direttrice nord-sud, e se l’alta Marca è ben servita dall’A27 che arriva a Belluno, per Thiene e Schio completare il corridoio sarebbe fondamentale».
Male anche il rinvio della Orte-Mestre: «Per la sua pericolosità quella strada va rifatta almeno fino a Cesena dove poi il traffico si inserisce nell’Adriatica».
Il futuro però sta nella ferrovia
«È giusto che la priorità vada all’alta velocità-alta capacità. Pur riconoscendo gli alti costi di realizzazione e la complessità del nodo di Vicenza (raddoppio delle stazioni – una alta velocità in fiera e una per i treni locali a Borgo Berga accanto al nuovo tribunale – e un tunnel sotto i Berici che potrebbe mettere a rischio villa Capra ai Nani e la Rotonda di Palladio). Evidentemente però occorre accelerare anche sul sistema ferroviario metropolitano regionale e sul collegamento dell’aeroporto internazionale Marco Polo; non è possibile che un turista cinese o giapponese atterrato a Venezia debba attendere la navetta per la stazione di Mestre».