A pranzo, tutti insieme, per difendere le cucine economiche popolari
Alcuni cittadini hanno mangiato, assieme ai poveri, nella mensa di suor Lia: un gesto di protesta, promosso dall'associazione "A braccia aperte", contro i controlli dell’amministrazione comunale che vede nelle cucine un ricettacolo di delinquenza e droga.
C’è chi, pur vivendo da anni a Padova, non era mai stato all'interno delle cucine economiche popolari, chi ha deciso di pranzare assieme ai tanti bisognosi affamati che ogni giorno si ritrovano nella mensa e chi ha semplicemente manifestato il proprio “voler restare umani“ sostenendo una realtà che accoglie non solo stranieri, ma anche cittadini padovani in stato di povertà.
In molti si sono dati appuntamento sabato mattina davanti alle cucine popolari di suor Lia, in via Tommaseo, aderendo all'iniziativa promossa dal coordinamento di associazioni e sindacati “A braccia aperte” per difendere il lavoro dei volontari e per protestare contro i controlli voluti dall'amministrazione comunale dinanzi alla mensa diocesana. Un pranzo su vassoio da consumare tutti assieme, uno dinanzi all'altro, in lunghe tavolate: le cucine popolari sono un luogo di accoglienza da decenni, cartina al tornasole di una situazione difficile e precaria più che un posto da nascondere o chiudere. «La povertà non si combatte eliminando i poveri. Tutti possiamo trovarci poveri, tutti possiamo perdere il lavoro, tutti possiamo faticare a mantenere la nostra famiglia e il tenore di vita di cui godiamo. La povertà non è una colpa» è il messaggio che ha voluto trasmettere l’associazione.
Eppure a fine febbraio, su iniziativa del sindaco Massimo Bitonci, alcuni agenti della polizia municipale si sono presentanti dinanzi alla mensa gestita da suor Lia per identificare gli stranieri presenti e controllare i documenti: un blitz in piena regola a cui ha fatto seguito un altro intervento, qualche giorno dopo, con tanto di cane antidroga, per scovare possibili spacciatori. In mezzo, il gesto umano del vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, che ha dimostrato la sua vicinanza ai bisognosi pranzando alle cucine economiche popolari e dicendo: «Sono venuto a mangiare tra amici».
«Le cucine popolari non sono un ricettacolo di delinquenti ma un “pronto soccorso”: qui si possono trovare cibo, vestiti, docce per lavarsi, un medico per curarsi. Mangiare, bere, dormire...chi di noi può farne a meno?» è l’interrogativo che “A braccia aperte” rivolge all'amministrazione.