Intelligenza artificiale? Dietro c’è sempre l’uomo
Le intelligenze artificiali non sono un fuoco di paglia, come il fantozziano metaverso con cui Zuckerberg quasi ha bruciato il suo patrimonio.
Le intelligenze artificiali stanno già trasformando la realtà che ci circonda e avranno in futuro un impatto sulla nostra quotidianità paragonabile a quello di Internet o degli smartphone. A fine febbraio ho avuto il piacere di inquietare un centinaio di adulti dell’Azione cattolica del vicariato di Maserà in occasione della Festa della pace. Chat-Gpt (forse l’AI più sorprendente che può essere consultata da un utente finale qualsiasi) non è un giochino come tanti, né solo un rimpiazzo con il quale gli studenti svogliati potranno fare più velocemente i compiti. Queste tecnologie che emulano la razionalità umana senza mai possederla potranno – e già in parte possono – curare malattie, ridurre le emissioni climalteranti, facilitare le comunicazioni, rendere più agevoli lavori ripetitivi e routine usuranti. Ma, come mette in guardia papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest’anno, potranno acuire disparità già crescenti concentrando poteri economici, politici e militari. Papa Francesco ci invita a vedere come dietro le fantasmagoriche potenzialità e dietro gli effetti speciali delle AI si celi l’essere umano. È l’uomo che genera gli algoritmi, è l’uomo che può controllarli. L’Unione Europea, con l’AI act di febbraio, è stata la prima nel mondo a cercare di regolamentare le intelligenze artificiali. Se avrà successo, riuscirà – come in parte è riuscita in materia climatica – a imporre a tutto il mondo i suoi standard etici e di rispetto dei diritti della persona. Se fallirà, invece, resterà indietro in questa battaglia per la supremazia tecnologica da cui dipenderanno i futuri equilibri mondiali.