25 marzo 1917: notizie confuse dalla Russia, e poi il crollo dell'impero
“La rivoluzione in Russia” titola in apertura la Difesa del 25 marzo 1917. Nei mesi successivi seguiranno numerosi aggiornamenti, fino a quando il 3 marzo dell'anno successivo si annuncerà che «i commissari del popolo hanno dichiarato alla Germania di cedere per il momento alla violenza e di accettare le condizioni di pace dettate dagli Imperi centrali».
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“La rivoluzione in Russia” titola in apertura la Difesa del 25 marzo 1917.
E dev’essere stata certo una notizia fulminante visto che le scarne informazioni pubblicate qualche settimana prima su “La guerra degli altri” parlavano di «battaglie accanitissime » sul fronte orientale e di lente avanzate degli austro-bulgaro-tedeschi, ma senza far presagire le profonde difficoltà dello stato zarista.
Come è noto, quella di febbraio (marzo secondo il calendario gregoriano) è stata la prima rivoluzione russa, che costrinse lo zar Nicola all’abdicazione e mise fine allo stato monarchico con la successiva abdicazione anche di suo fratello, il granduca Michele.
Il governo provvisorio moderato che si instaurò con la caduta dello zarismo, decise da un lato di continuare la guerra, nonostante le tumultuose manifestazioni a favore di una pace immediata con gli Imperi centrali, e dall’altro non osò approvare nemmeno le proposte più moderate di riforma agraria.
La situazione interna russa continuò quindi a precipitare, finché il 24 ottobre (6 novembre secondo il calendario gregoriano che sarà adottato ufficialmente dalla Russia nel febbraio del 1918) le guardie rosse occuparono il Palazzo d’inverno di Pietrogrado e il partito bolscevico prese il potere.
A fine novembre iniziarono le trattative con i tedeschi per arrivare alla pace di Brest-Litovsk del 3 marzo 1918, con cui la Russia poneva fine alla guerra perdendo un quarto del suo territorio e della rete ferroviaria, un terzo dell’industria tessile, tre quarti delle miniere di ferro e di carbone.
Alla fine del 1917 siamo però in un momento molto particolare della guerra in Italia che, con la rotta di Caporetto, subirà una brusca svolta.
I giornali, e la Difesa con loro, avranno ben altro a cui pensare.
Dopo la pagina dedicata alla rivoluzione, la questione torna in prima pagina il 1° aprile: «Ad avvenimenti che sembrano pacifici e rassicuranti – scrive l’articolista – altri si alternano di drammatici e sensazionali, i quali fanno temere la prevalenza dell’elemento anarchico nel grande rivolgimento, che non potrà certo quietarsi così presto in una nazione che conta 188 milioni di abitanti».
Si dà conto dell’arresto della famiglia imperiale, con l’accusa di usare corrispondenza cifrata, e della volontà di instaurare la repubblica, demandando comunque la decisione all’assemblea costituente.
L’8 aprile un trafiletto, sempre in prima, pubblica la notizia di un complotto di personaggi uniti da vincolo di sangue alla famiglia imperiale per ripristinare la monarchia e della liberazione dell’arcivescovo di Leopoli, internato in Russia dopo l’occupazione di questa città.
Il 15 aprile si ribadisce la volontà del governo provvisorio di continuare la guerra, ma il 22 si annuncia che l’Austria e la Germania propongono la pace alla Russia.
Lo stillicidio continua.
6 maggio, gravi tumulti a Pietrogrado; 13 maggio, si fanno i conti in tasca al “povero zar” che in realtà è ricchissimo e si annuncia che la Madonna di Vladimiro è stata rimossa dalla cattedrale di Mosca e portata sul campo di guerra; il 20 maggio i capi delle organizzazioni operaie rivoluzionari vengono invitati a far parte del governo col proposito di giungere a una pace senza annessioni e senza indennità. Ma l’8 luglio l’attività bellica si risveglia con la ripresa dell’offensiva russa in Galizia, confermata nei numeri successivi.
Il 23 settembre viene ripresa la notizia del Times secondo cui «la potenza militare della Russia è condannata, anche nelle condizioni più favorevoli, a non risorgere che in un avvenire lontano».
L’ultima notizia del 1917 è del 21 ottobre, quando i tedeschi sembrano prepararsi a un’avanzata verso Pietrogrado.
Poi più nulla fino al 20 gennaio 1918, quando Trotski chiede la mediazione del papa per raggiungere al più presto la pace. Una breve nota, il 3 marzo, annuncia che «i commissari del popolo hanno dichiarato alla Germania di cedere per il momento alla violenza e
di accettare le condizioni di pace dettate dagli Imperi centrali. Si ha l’impressione che neanche questo sia l’atto finale della tragedia russa».
Postilla: sul 15 settembre 1918 un articolo in seconda pagina ritiene che «in Russia si stia delineando un forte movimento verso il cattolicesimo»...
Abbiamo scritto
Ed ora che cosa avverrà?
Ed ora che cosa avverrà? È questa una domanda alla quale ancora non si può rispondere. Troppi punti oscuri ci sono ancora in questa rivoluzione per poter misurarne fin d’ora le ultime conseguenze.
Una cosa sola pare certa, che il governo provvisorio ha l’intenzione decisa di intensificare la guerra per condurla più presto alla vittoria.
Sul resto, poco si sa e meno si può prendere, anche perché dalle ultime notizie che si hanno pare che la rivoluzione non sia ancora del tutto terminata.
Forse è anche per questo che il nuovo czar Michele si è riservato dichiarando che aspetterà la decisione della volontà popolare che sarà resa manifesta per mezzo dei plebisciti. Bisogna dunque attendere per capire bene e giudicare nel suo vero significato la portata di questa violenta insurrezione, nuova tragedia nella più grande tragedia della spaventosa guerra europea.
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