15 ottobre 1916: “Le films” sono una pestilenza universale
Il settimanale stigmatizza il “cinema di varietà” che recluta a poco prezzo artisti da café chantant e “avanzi del teatro” per imbastire vicende che mettono in serio pericolo la pudicizia. Elogia invece “la maestrina di buon senso” che si rifiuta di portare la propria classe a vedere il filmato sulla presa di Gorizia: inclina l’animo alla violenza.
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“Simpatia” per il rigore austriaco
Chissà qual è la fonte della notizia, riportata dalla Difesa, secondo cui a Vienna è stato tolto il sussidio alle famiglie dei richiamati “pizzicate” a frequentare le sale del cinema. Il tono del racconto sembra quello di una storiella simbolica, ma dice almeno due cose che val la pena di sottolineare. La prima è che, sotto sotto, permane nel giornale una certa “simpatia” per i metodi degli austriaci, che sono nemici, è vero, ma qualcosa hanno pur da insegnare ai governi italiani, “laici” nell’ispirazione e quindi poco attenti alla moralità e all’austerità dei costumi.
Conto ogni lusso ostentato e il cinema in particolare
La seconda osservazione s’innesta nella acrimonia, già evidenziata in precedenza, del settimanale diocesano nei confronti dei “lussi” ostentati, dei divertimenti pubblici come i balli e, in modo particolare, contro il cinematografo. Già nel febbraio del 1916 era comparsa una nota che biasimava la “gran piaga del giorno”, il cinematografo: «un mezzo lecito, onesto, buono, eppur fa tanto male alla gioventù. Quanta corruzione esso apporta impiegato male!». Il cattivo impiego del mezzo consiste nel “cinema di varietà” che recluta a poco prezzo gli artisti da cafè chantant o gli “avanzi del teatro” per imbastire vicende che mettono in serio pericolo la pudicizia dei giovanetti e delle giovanette. Il grido d’allarme è rivolto a genitori e maestri.
“Educazione mostruosa”
Passiamo poi al 3 dicembre, sempre del 1916: questa volta il titolo del trafiletto è esplicito: “Educazione mostruosa”. I cinematografi sono «una specie di pestilenza universale e permanente che attossica le anime e le demoralizza. Osservando i loro manifesti non vi si trovano che facce contorte, occhi fuori dall’orbita, pugnali in alto, donne per terra, uomini che si strozzano, figure in convulsioni. Non si sa offrire al popolo niente che ne sollevi il morale, educhi alla virtù, rendendola amabile, alle nobili azioni. E per salsa poi è fornita, in ultimo luogo, la scena comica, perlopiù a base d’intreccio banale o immondo».
“Se l'avessi saputo!”
Veniamo quindi al 24 dicembre, numero natalizio: «Se l’avessi saputo!» è l’esclamazione di una madre che ha portato la figliola al cinema: «La scena era così sporca che anche quella coscienza, foderata di pelle di tamburo, n’aveva provato turbamento. Intanto però si fermava lasciando che la figliola sorbisse intieramente il veleno e si corrompesse fatalmente».
La maestrina di buon senso
Bisognava uscire indignati o non andarci neppure al cinema, come la “maestrina di buon senso” (Difesa del 15 aprile 1917) che, contrariamente agli altri insegnanti, non ha voluto portare i suoi scolari al cinematografo dove si proiettava la presa di Gorizia. Qui però non è il mezzo a essere contestato, ma uno spettacolo che fa balenare davanti agli occhi dei ragazzi «immagini di rovina e di morte. L’amor di patria sta dunque tutto nell’esaltazione della guerra? Tutto, tutto parla alla mente e all’anima del fanciullo della follia della violenza. Dall’articolo di giornale al racconto udito dalla viva voce; dai giochi fatti con i soldatini, i fucili e i cannoni alle scene del cinematografo; dalla cartolina illustrata alla copertina della Domenica del corriere; è una insidia persistente che turba la coscienza del fanciullo e ne inclina l’animo alla violenza. La maestrina ferrarese giunge ad affermare che la scuola deve essere umana e universale, non suscitatrice di odi e di desideri di vendetta, e deve mantenere un’aura di serenità e di quiete non turbata da echi lontani e vicini di stragi e di rovine, essere fattrice prima di quei sentimenti di umana fratellanza che dovranno pure un giorno governare il mondo». Una testimonianza indubbiamente significativa.
Bene la tassa sul cinematografo, ma la censura non funziona
Il settimanale torna sull’argomento specifico del cinema il 29 aprile citando l’ex prefetto di Cuneo che spiega come lo stato abbia istituito la tassa sul cinematografo: «Ottima – commenta il giornale – come quella sui cani di lusso! Anzi è da far voto che essa salga fino ad un punto tale che i pochi contribuenti, pagando molto, compensino lo Stato della moltitudine delle piccole quote che oggi escono dalle tasche del popolo». Dove l’azione del governo invece zoppica è nell’esecuzione della censura «affidata a qualche funzionario di pubblica sicurezza di grado infimo, di scarsa cultura, forse anch di scarsa intelligenza». Il quale riceve tre lire all’ora per guardarsi da solo “le films” senza scomporsi né per i delitti messi in scena né per le scene d’amore «anche un po’ spinte», perché è abituato a vedere di peggio. Con il visto della Questura “la film” può circolare per tutto il regno, «prima nelle grandi città, poi nelle piccole e, quando è mezzo consumata, nelle borgate e nei villaggi». In ogni caso è una visione che non serve a nulla perché se il funzionario facesse delle osservazioni sulla morale il proprietario andrebbe difilato dal deputato, quello dal prefetto o addirittura dal ministro «e il signor delegato finisce con avere dalla sua il torto. Il meno che può capitargli è di perdere l’incarico della censura e le tre lire all’ora».
Abbiamo scritto
«In uno dei più eleganti e frequentati cinematografi di Vienna una bella sera tra una parte e l’altra del programma si proiettava questa scritta: «Le persone appartenenti a famiglie sussidiate dallo Stato in dipendenza della guerra sono invitate a passare a l’ufficio di direzione del cinematografo». Fu una processione per tutta la sera e quelle persone trovarono un gentilissimo funzionario governativo che prese di ciascuna nota in apposito modulo, con tutte le indicazioni del caso. Dopo qualche giorno quelle stesse persone ricevettero una comunicazione ufficiale del Ministero della guerra con la quale le si avvertiva che ogni sussidio era sospeso, dato che era dimostrato che esse erano in grado di provvedere anche alla soddisfazione di bisogni del tutto voluttuari. Inutile intrattenerci a misurare i palmi di naso con cui rimasero i gaudenti membri delle famiglie dei richiamati viennesi. Purtroppo è vero. I cinematografi anche in Italia sono ripieni di gente che vive alle spalle dei cittadini».
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