15 agosto 1915: tutti assolti i "preti spioni"
L’Altopiano vicentino è vittima due volte: per la presenza della linea del fronte e per la diffidenza con cui i militari, istigati da circoli anticlericali, guardano alla popolazione accusata di connivenza col nemico. Ma il processo a tre parroci e cinque laici dell'Altopiano, arrestati il 4 luglio, si conclude con la loro piena assoluzione.
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La montatura dei “preti spioni”, neutralisti, quindi austriacanti, quindi inevitabilmente collaborazionisti dell’impero al punto da tradire la loro patria, viene denunciata per la prima volta sulla Difesa già il 20 giugno del 1915 sotto il titolo “Il clero e la guerra, accuse e calunnie”
Ma i sospetti di spionaggio non riguardavano solo la categoria dei preti; interi paesi vennero guardati con sospetto.
La gente dell’Altopiano dei Sette comuni, sia per la parlata “cimbra” che per la vicinanza con il confine, divenne subito il facile capro espiatorio dei deludenti risultati dei primi mesi di guerra in quel settore. Come è noto la battaglia dei forti, dopo un iniziale ma non risolutivo vantaggio italiano, si risolse con lo smantellamento del Campolongo e del Verena a carico dei mortai Skoda da 305 austriaci. Solo il 23 settembre si arrivò, pur con gravi sacrifici, a occupare monte Coston che rappresentava una vera spina nel fianco dello schieramento italiano.
Come mai è così difficile avanzare? Perché i tiri dei cannoni austriaci sono così precisi, mentre quelli italiani risultano apparentemente inefficaci? Non può che essere colpa degli abitanti dell’Altopiano che di notte mandano segnalazioni luminose al nemico!
Ecco allora che il 4 luglio vennero arrestati con questa accusa cinque civili, tra cui una donna anziana, e tre preti: don Andrea Grandotto, parroco di Cesuna, nativo di Foza, don Leonildo Berto, cappellano di Canove con facoltà di parroco, originario di Santa Maria di Veggiano, e il thienese don Pietro Vezzaro, appena nominato parroco di Camporovere in sostituzione del fratello richiamato sotto le armi.
L’11 luglio scese in campo don Giuseppe Rebeschini, segretario generale della direzione diocesana e dell’Unione emigranti (ne risentiremo parlare quando verrà il tempo del profugato), prete originario di Roana, che in una lunga lettera intitolata “Per l’onore dei Sette Comuni”, e inviata anche alle testate Provincia di Vicenza e Provincia di Padova, reagisce contro la «gravissima insinuazione a carico delle popolazioni dei Sette Comuni» secondo cui non solo alcuni cittadini erano accusati di spionaggio, cosa ancora da verificare, ma l’intera popolazione era gravata dal sospetto di tradimento.
Il 27 luglio è la volta del deputato del collegio di Asiago Giuseppe Roi decantare il «fulgido patriottismo» dell’Altopiano e il 1° agosto interviene da Fonzaso, in cui era stato cappellano, addirittura don Restituto Cecconelli, direttore ombra dei primi “gloriosi” anni della Difesa, dal 1908 al 1910.
Il prete battagliero parla di un “comitato di salute pubblica” che dà la caccia agli austriacanti, ai germanofili, ai nemici della patria: ai cattolici naturalmente, con i preti in testa. Si scaglia contro le insinuazioni e chiede che siano fatti apertamente i nomi e siano deferiti all’autorità, «a visiera alzata», come chi non ha nulla da nascondere.
Finalmente il numero del 15 agosto annuncia a tutta pagina «Come crollano le montature dell’anticlericalismo. Tre sacerdoti dell’Altipiano di Asiago assolti dal tribunale di guerra»
Nello stesso numero si dà notizia dell’assoluzione in istruttoria dei sacerdoti di Bastia accusati di propaganda anti italiana. E in quello del 26 agosto si annuncia la scarcerazione dell’infermo ex parroco di Roana, di 87 anni, da tempo ammalato e anch’esso assurdamente accusato di segnalazioni luminose al nemico.
D’altra parte l’allarmismo e la repressione contro i preti dell’Altopiano non finirono lì: il parroco di Roana fu condotto davanti alle autorità militari; il curato di Mezzaselva fu posto sotto stretta sorveglianza benché avesse concesso la canonica come alloggio agli ufficiali riducendosi a vivere con la sorella in un’unica stanza divisa da un tramezzo; il nuovo parroco di Cesuna fu segregato per una notte perché “scoperto” a leggere il breviario in chiesa al lume di candela; il parroco di Santa Caterina di Lusiana fu internato a Firenze...
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