Un tempo per la pace. E per gli ultimi. Gli scrittori che hanno affrontato il problema delle guerre e della miseria nel mondo
L’urgenza della pace emerge nella letteratura come un rigagnolo dalle pietre in una radura del bosco. Discreto, talvolta invisibile, ma portatore di vita.
L’urgenza della pace emerge nella letteratura come un rigagnolo dalle pietre in una radura del bosco. Discreto, talvolta invisibile, ma portatore di vita. Guerra e pace di Tolstoj, ad esempio, in cui vengono lucidamente messe a confronto la fascinazione dell’eroismo e della conquista, esemplata in quel Napoleone invasore in cui Hegel vide una delle incarnazioni della storia, e l’aspirazione ad una vita di accordo con gli uomini e la natura. O le Lettere contro la guerra, del compianto Tiziano Terzani, inviato da prestigiose testate non solo italiane nell’oriente dilaniato soprattutto dallo scontro tra superpotenze, inizialmente di fede comunista e lentamente conquistato dal messaggio di pace e di riconciliazione proprio di quell’oriente, ma anche del cristianesimo: è triste notizia d’oggi della scomparsa di mons. Luigi Bettazzi, un religioso da sempre impegnato nella ricerca di una pace definitiva sulla Terra e di un dialogo tra le ideologie in favore degli ultimi. La sua lettera del 1976 a Luigi Berlinguer, segretario del Partito Comunista, in cui prefigurava un cammino comune tra politica e cristianesimo, in favore soprattutto degli ultimi, ci ricorda un’altra famosa lettera, quella di David Maria Turoldo a Gorbačëv, oggi riproposta da Luigi Giario, curatore di “Cercate la pace”, una raccolta di scritti del frate servita, scomparso nel 1992 (Castelvecchi, 92 pagine, 12,50 euro). La pace sembrava aver fatto un passo gigantesco allorché il segretario del Pcus iniziò, con la cosiddetta perestrojka, una serie di radicali riforme finalizzate all’apertura del comunismo verso le istanze di libertà e partecipazione da parte del popolo. Fa un certo effetto leggere dalla mano di un uomo che non risparmiava invettive e colpi pesanti di maglio, anche ai grandi, una frase come questa: “Ragione della lettera è per me esternarLe la gioia che sia apparso un uomo come Lei”.
Socialismo dal volto umano, quindi, ma anche battaglia affinché si parlasse della fine disumana di combattenti per la libertà del proprio popolo, che veniva spesso sottaciuta, o di difensori dei diritti delle minoranze etniche, come nel caso di Rigoberta Menchú la cui famiglia è stata sterminata a causa della sua lotta contro l’espropriazione di terre e la repressione degli indios in Guatemala. Quello che colpisce della ballata che Turoldo dedica alla esponente del movimento per la liberazione delle comunità Indios è un riferimento che non molti tra i combattenti per la pace giusta nel mondo fanno: quello alla noia dei ragazzi e degli adulti d’occidente, “tutto il giorno oziosi nelle piazze”, di gente senza più una ragione per vivere, stanca di tutto, “perfino stanca di procreare, stanca di fare all’amore”, perché abbandonando l’impegno per una società migliore, ogni ragione di vero vivere viene meno, in una sorta di suicidio prima ancora culturale.
Certo, accuse anche all’interno della Chiesa gliene sono state fatte: quella di attaccare solo regimi conservatori e gli Usa, passando in secondo piano i crimini dei regimi sedicenti socialisti o comunisti, ad esempio. Il che gli è costato spesso l’allontanamento da parte delle autorità ecclesiali dai “suoi” luoghi di militanza. Fatto sta che la sua azione per la pace era tutt’uno con quella in favore degli ultimi, -come nel periodo di Nomadelfia-, di coloro che non hanno un posto nella storia dorata dei media dominanti. E dell’impegno della Chiesa per la pace parla anche Pietro Damosso nel suo “Può la Chiesa fermare la guerra?” (San Paolo, 236 pagine, 20 euro): qui, nel corso di una intervista, don Ciotti elenca i portatori di pace, che sono più di quanto si possa pensare, tra naviganti che salvano naufraghi, medici che curano gli ultimi, portuali “che rischiano il lavoro per non caricare i container con le armi” e molti altri.
Da Tolstoj, da Gandhi, da Manzoni, da Terzani e da Turoldo -senza dimenticare uno dei modelli non solo in campo cristiano, Francesco d’Assisi- arriva un messaggio esplicito, netto: la pace si può raggiungere solo con un mondo più giusto in cui la povertà non sia un male necessario, ma una piaga -che uccide donne, uomini, bambini innocenti- da combattere.