Un baluardo della civiltà. I malcontenti derivati dalla nuova legge sull'editoria
La recente approvazione al Senato della legge per l’editoria non ha risolto le contraddizioni di sistema che non difende come dovrebbe piccoli editori e librai.
È vero, siamo in controtendenza, almeno in fatto di libri: secondo Franco Levi, presidente dell’Aie, Associazione Italiana Editori, l’anno appena passato è stato positivo, con un fatturato cresciuto praticamente del cinque per cento rispetto al 2018. E allora, tutti contenti?
Mica tanto, anche a causa della nuova legge dell’editoria, appena approvata al Senato, che ha diviso il mondo del libro nel belpaese. Soprattutto l’abbassamento del dieci per cento degli sconti (non più al 15%, ma al massimo al 5%) ha creato maldipancia equamente suddivisi: da una parte l’assenso entusiasta dei librai “fisici” (raccolti nella Associazione librai italiani) e dell’Associazione degli editori indipendenti (Adei), dall’altra il giudizio nettamente negativo dell’Aie, l’Associazione italiana editori.
Il fatto è che quell’abbassamento dello sconto certamente favorisce il libraio nel suo negozio fisico, che finora si è dovuto guardare dalla concorrenza tipo Amazon, che permetteva prezzi molto più bassi, tempi ragionevoli e comodità per chi vive fuori dalla portata dei negozi, ma nel contempo rischia di abbassare ancor di più la percentuale di lettura: dati Istat riferiscono che la frequentazione di almeno un libro l’anno riguarda solo il 40 per cento italiano, anche se questo dato si riferisce alla lettura per piacere e non a quella professionale: capita sempre più spesso a docenti anche universitari -chi scrive ne ha fatto direttamente esperienza- di notare la scarsa attività di lettori per piacere in studenti di facoltà che del piacere per la lettura dovrebbero fare la stessa motivazione all’esistenza. E ci sono anche altri motivi di scontento: come ci confida Giuseppe Gurgone, libraio storico di Tivoli , “lo sconto si riferisce solo ai libri vari, esclusi quelli di testo e quindi per le librerie indipendenti e di piccole dimensioni le condizioni rimangono critiche. Le scuole sono il bacino di utenza prossimo e immediato per molte piccole librerie che a tutt’oggi non hanno ottenuto pagamenti di libri forniti ad ottobre”. E proprio Tivoli, una delle capitali della cultura non solo italiana, grazie anche al suo patrimonio storico-archeologico, ha visto chiudere in questi giorni un’altra libreria storica, la “Villa d’Este”. Lo stesso Paolo Ambrosini, presidente di Ali Confcommercio, pur riconoscendo la positività della legge, chiede l’istituzione di un fondo nazionale che faccia fronte al drammatico problema della chiusura delle librerie, che stanno abbassando le saracinesche una dopo l’altra, come è accaduto ad un altro storico punto vendita, il Paravia di Torino. E gli editori medio-piccoli? Per Luca Gentile, direttore editoriale di Città Nuova, “sicuramente la legge aiuta i piccoli editori e le librerie indipendenti, alle quali si deve peraltro un servizio per il lettore spesso di ottima qualità. Manca invece un miglior contributo statale all’editoria e alla lettura. I 100 euro stanziati per le famiglie sono veramente una goccia nell’oceano. Purtroppo in Italia l’investimento nella cultura e nell’educazione, vere risorse per il progresso e la crescita economica e civile, è davvero esiguo e poco lungimirante”.
Come si vede, il problema è sempre quello: è vero che l’e-commerce ha favorito in qualche modo l’acquisto di libri, ma è altrettanto vero che lo stato non ha fatto quasi nulla per sostenere in vita le librerie che non sono solo punti vendita, ma sentinelle -lasciate da sole in terra nemica- di una civiltà che dell’incontro e del contatto con lo sviluppo storico di papiro e pergamena ha fatto il baluardo contro le tentazioni dell’irrazionale.