Un'analisi dei due premi Nobel per la letteratura. Nobel come viaggio verso il senso
I Nobel sono stati attribuiti quest’anno a due scrittori, ambedue europei, poiché l'assegnazione non aveva avuto luogo nel 2018.
“La vita dell’uomo sulla terra passa velocemente come il bagliore di un destriero bianco che salta un crepaccio… Prova a vagare con me nel palazzo del Non-essere dove tutto è uno”.
Questa citazione da Zhuang-zi chiudeva “L’assenza”, un singolare romanzo di uno dei due premi Nobel 2019 per la letteratura, Peter Handke. La scrittura di Handke, austriaco, classe 1942, somiglia molto al senso di quelle parole, nonostante i giudizi un po’ ingenerosi di misantropia, irascibilità, nichilismo da parte della critica, perché esprime in realtà la continua ricerca di un grano biblico di senso in mezzo all’apparente insensatezza della vita. Una vita come separazione dai valori più autentici che ha portato lo scrittore austriaco a individuare nella lingua, un po’ come aveva fatto Lacan nella psicoanalisi, una delle cause della mercificazione dell’uomo: è il linguaggio stesso che modifica la mente, per cui la letteratura deve tentare di individuare il senso nascosto dietro l’intorpidimento dei sensi. Le parole rappresentano uno degli strumenti del grande sonno e del dominio mediatico, e questo è sotto gli occhi di tutti, se pensiamo ad alcune formule pubblicitarie e all’aggressività nelle parole di certi “salotti” mediatici. La narrazione come sequenza di un film, mondo che era assai prossimo al suo stile, la sconfinamento nella fiaba e nel mito, il viaggio come iniziazione fanno parte del suo corredo narrativo. Dicevamo del cinema: la sua sceneggiatura di “Il cielo sopra Berlino” di Wenders è il paradigma ideale della sua visione del mondo, con protagonisti due angeli uno dei quali decide di rimanere nel mondo per amore.
La polacca Olga Tokarczuk, di vent’anni più giovane rispetto ad Handke, e molto apprezzata in patria, ha qualcosa in comune con alcune storie dello scrittore austriaco, soprattutto il viaggio come ricerca di senso, e non è un caso che la notizia l’abbia sorpresa mentre viaggiava in macchina. La Tokarczuk, che è anche poetessa, ha scritto storie dal titolo emblematico, come “I vagabondi”, “Il viaggio del libro-popolo” o “Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli” (dove un villaggio immaginario è protetto da quattro arcangeli) in cui la ricerca di valori autentici si unisce allo sguardo sui luoghi che assurgono a dimensioni simboliche, e d’altronde la scrittrice è anche psicologa di matrice junghiana: per lei ciò che per altri è puramente materiale, come una montagna o l’acqua di un fiume, assume significati più profondi e legati allo spirito, non solo ai bisogni più immediatamente materiali. Questa ricerca di senso profondo e di comunione con lo spirito della terra investe anche la dimensione animale, soprattutto per quello la violenza degli uomini sulle belve, che si ribellano sbranando i cacciatori in “Guida il tuo carro sulle ossa dei morti”.
I Nobel sono stati attribuiti quest’anno a due scrittori, ambedue europei, poiché l’assegnazione non aveva avuto luogo nel 2018, in quanto un membro della giuria era stato coinvolto indirettamente nello scandalo delle molestie sessuali.