Ragazze sfregiate a Napoli: Mattone (Comunità Sant’Egidio) al Sir, “il segnale di una violenza diffusa allarmante. Necessari controllo”
“Ancora non è chiaro il motivo del gesto, ma in ogni caso buttare l’acido in faccia a una persona è un fatto gravissimo ed è il segnale di una violenza diffusa che viviamo in particolare a Napoli, ma non solo qui”.
A parlare al Sir è Antonio Mattone, portavoce della Comunità di Sant’Egidio di Napoli, commentando quanto è successo la scorsa notte nel capoluogo partenopeo: due sorelle di 24 e 17 anni, poco dopo l’una, stavano camminando in corso Amedeo di Savoia, quando sono state avvicinate da altre ragazze che hanno gettato loro in faccia dell’acido. “Napoli – aggiunge Mattone – si sta distinguendo per questa violenza diffusa che c’è soprattutto tra i giovani, ma non solo. Ad ogni lite si reagisce con la violenza, in modo più che spropositato. Questo fa impressione insieme al fatto che chi compie questi gesti non ha coscienza delle conseguenze che hanno tali atti. Sembra tutto virtuale e non si capiscono i danni che si possono fare”.
Di un altro episodio di questa violenza diffusa è stato protagonista il trentasettenne che “ha sparato all’impazzata a Qualiano, ferendo quattro giovani fuori a un bar. O l’episodio in cui un bagnante a Posillipo è stato aggredito e picchiato con un casco a mare, senza un motivo. A volte scoppiano delle liti pazzesche anche per fatti banali legati al traffico, come un sorpasso. Alla violenza si risponde con una violenza, senza alcuna giustificazione, ancora maggiore e diventa tutto incontrollabile”. A ciò si aggiunge, secondo Mattone, “un discorso di violenza repressa, di un disagio represso, di un malessere vissuto dalle persone che forse la pandemia ha esacerbato”. Su tutti questi “gravissimi episodi”, innanzitutto, “bisogna interrogarsi su questa violenza diffusa che ci deve allarmare”.
Mattone osserva: “Rispetto a una situazione così complessa occorre una risposta altrettanto complessa. Serve un lavoro di prevenzione con i giovani e, in questo senso, penso che il Patto educativo lanciato dall’arcivescovo di Napoli, mons. Mimmo Battaglia, possa essere una risposta, i cui risultati, però, si vedrà tra qualche anno, ma c’è anche un discorso dell’oggi. È importante, allora, parlare con questi giovani che compiono tali violenze. Mi capita spesso nella mia attività di volontariato nel carcere di Poggioreale di parlare con giovani che mi dicevano: ‘Ho fatto una rapina, è capitato’. ‘Ho accoltellato una persona, è capitato’. Parecchi giovani usano questa espressione: ‘È capitato’, non vedendo le conseguenze del loro operato. Allora, c’è bisogno di educatori che avvicinino questi giovani per far comprendere loro la portata del male compiuto, facendo anche incontrare le vittime perché solo così ci si rende conto delle conseguenze che hai prodotto”.
Insieme a ciò, c’è necessità del controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine: “Mi sembra che alcune zone della città sono una landa desolata, terra di nessuno”.