Premio Strega 2024, oltre le mode e gli “-ismi” vince “L’età fragile” di Donatella Di Pietrantonio

La scrittura presentata allo Strega 2024 ha mostrato una indubbia, per alcuni imprevista, capacità di resilienza, al di là degli “ismi” editoriali. Non dei mercati, visto che a parte qualche eccezione, - eccezione che ha causato uno sconfinamento a 6 invece che cinque libri finalisti -, quel premio è dominato dalle editrici mainstream. Ma la storia vincitrice del premio, come gran parte delle altre finaliste non è, e questo è importante, solo figlia di strategie di mercato, ma della volontà di riportare alla memoria collettiva la scomparsa di tre ragazze, l’uccisione di due di esse, e il ritorno della scampata con i problemi familiari che questo ritorno comporta.

Premio Strega 2024, oltre le mode e gli “-ismi” vince “L’età fragile” di Donatella Di Pietrantonio

E così Donatella Di Pietrantonio con “L’età fragile” ha vinto lo Strega 2024 in una competizione che ha rischiato, e rischierà, di divenire altro che non scrittura. E non perché la scrittura non sia anche altro, ci mancherebbe, ma perché

è proprio la scrittura a vivere e far vivere gli spazi e i tempi attraverso la narrazione.

La moda, il vestire autrici e autori, ad esempio è un qualcosa che esula da quel mondo stupendo e atroce insieme che è la letteratura, capace di restituire i paradisi e gli inferi del mondo attraverso quello che alla fine ci rimane, quando rimane. La moda può entrare in questo, certo, ma nella narrazione o nelle scelte individuali, come l’altro, l’altro tutto, le feste, gli amori, i soldi che ritroviamo in Truman Capote come in Scott Fitzgerald o in Moravia, solo per fare tre nomi. Altrimenti non avrebbero significato quegli abissi di cui abbiamo detto, o neanche quel cammino attraverso le strade della miseria e del non senso.E se di scrittura vogliamo parlare, questa presentata allo Strega 2024 ha mostrato una indubbia, per alcuni imprevista, capacità di resilienza, al di là degli “ismi” editoriali.

Non dei mercati, visto che a parte qualche eccezione, – eccezione che ha causato uno sconfinamento a 6 invece che cinque libri finalisti -, quel premio è dominato dalle editrici mainstream.

È il caso di “Romanzo senza umani” di Paolo Di Paolo, in cui la memoria è scoglio affascinante, e le rocce marine erano collegate al mito delle sirene che talvolta impedisce lo scorrere di quella che chiamiamo realtà. O il riaffacciarsi, in un tempo di revisione e di passi indietro, della storia alla Elsa Morante, della guerra, delle vittime innocenti del razzismo di cui si fa il conto quando finisce il macello e dovrebbe ricominciare la vita, raccontato da Raffaella Romagnolo in “Aggiustare l’universo”.

Anche quando tutto sembra riportare alla moda del noir, la storia prende il sopravvento e pone domande che aprono altre richieste di significato su chi sono davvero gli altri, come accade in “Chi dice e chi tace” di Chiara Valerio. O quando a rappresentare il plot della storia è la lingua e l’uso che se ne fa, come fece la Natalia Ginsburg di “Lessico familiare” e fa oggi Tommaso Giartosio con “Autobiogrammatica”.
Anche “Invernale” di Dario Voltolini sembra voler portare via dalla pazza moda narrativa il centro dei nuovi vecchi racconti, con lo struggente ricordo della figura paterna, un macellaio che colpisce se stesso e il cui calvario è redento dall’essere ricordato con amore dal figlio.

Ma la storia vincitrice dello Strega, come gran parte delle altre finaliste non è, e questo è importante, solo figlia di strategie di mercato, ma della volontà di riportare alla memoria collettiva la scomparsa di tre ragazze,

l’uccisione di due di esse, e il ritorno della scampata con i problemi familiari che questo ritorno comporta. La violenza della storia recente, i misteri della psiche umana, i delicatissimi equilibri familiari con una madre che si trova a dover gestire una situazione già di per sé critica sono gli elementi costitutivi di un romanzo in cui la fragilità umana si incontra – e scontra – con la montagna e la percezione della sua indifferenza alle vicende umane, come già Leopardi aveva sottolineato nella sua lucida, disperata, infinita poesia.

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Fonte: Sir