Il romanziere americano Don Winslow a Mestre, a tutto campo. Imminente il ritiro per ragioni "politiche"

A 70 anni, per la prima volta a Venezia («Ma mi piace più Mestre…»). Con Città in rovine, conclusione della trilogia che diventa anche il definitivo addio alla scrittura.

Il romanziere americano Don Winslow a Mestre, a tutto campo. Imminente il ritiro per ragioni "politiche"

Don Winslow incarna una sorta di investigative fiction capace di proiettare non solo “gialli” dentro la guerra dei narcos, nelle pieghe delle mafie italo-irlandesi, nei crimini lungo la costa dei surfisti, nella Chinatown di San Francisco e a Hong Kong, fra i meandri di Londra o nei deserti dell’azzardo americano.

Una piccola grande star letteraria. Ha riempito lo scorso 11 maggio l’auditorium del centro culturale Candiani per l’anteprima della seconda edizione di Mestre Bookfest (4-16 giugno).

Sotto i riflettori – intervistato da Maurizio Dianese e con l’impeccabile traduzione simultanea di Elena Finco – regala dettagli privati, giudizi senza appello, battute di spirito e autografi a centinaia di lettori.

I titoli sono all’unisono: Winslow versus Trump. Certo, non pubblicherà più perché vuole impedire la rielezione alla Casa Bianca del «criminale, evasore fiscale, razzista, predatore sessuale, bugiardo, attentatore alla democrazia americana… uno scarafaggio coprofago».
Tuttavia ogni aneddoto meriterebbe altrettanta visibilità. «Per sei anni ho fatto la guida nei safari in Africa. È lì che ho imparato a osservare, ma anche a pensare la mossa successiva. Portavo la gente a vedere gli elefanti e dovevo sempre chiedermi: dove sono e cosa fanno i leoni?».

Winslow ha una vita “noiosa” con la sveglia alle 5, il caffè («Lavazza, espresso of course…») la lettura dei quotidiani in un ordine preciso, prima di lavorare fino alle 17 con la pausa di “semi-footing” o con la tavola nell’oceano, a seconda di dove si trova con la moglie. «Ho passato 30 anni della mia vita con Danny Ryan. E da 39 sono sposato con Jean… Scrivevo, lasciavo perdere: ho cestinato 400 pagine che non mi piacevano. Sembrava non avessi competenze e capacità di completare la trilogia che avevo in testa. Finché è stata la storia che mi ha raggiunto, anche grazie alla maturità. E, sì, il protagonista riflette anche un po’ di me».

Una vita da nomade. «Cresciuto nel New England, ho scelto di andarmene. Ho vissuto in Inghilterra e poi in Cina. Poi in giro per gli States, finché sono approdato nella West Coast».

Con i rifiuti degli editori: «E chi mi diceva non sarai mai scrittore da bestseller, da aeroporto. Prima della pubblicazione del Potere del cane avevo 37 dollari nel conto e non sapevo se avrei sfamato la famiglia».
Winslow sintetizza con una battuta: «Sì, ho copiato Omero. È facile rubare a un cieco che è morto…».

In realtà, l’ultima trilogia si rivela ancora frutto di studio, ricerca e intuizione creativa: «Fino a 30 anni ho avuto un’istruzione limitata: storia africana e militare. Così per sette anni mi sono applicato alla lettura dei classici: Virgilio, Eschilo, Omero. Vedevo un parallelismo con la storia criminale. Potevo prendere temi, storie, personaggi per una versione epica contemporanea. Del resto come mi aveva insegnato mio padre la vita all’85 per cento è prepararsi e presentarsi».

Winslow riflette sulla lealtà: «A chi la si garantisce? Alla famiglia biologica o a quella criminale? Alla religione che ci ha cresciuti? Ai valori o a ciò che serve per sopravvivere? L’Eneide mi ha insegnato come si può vivere decorosamente in un mondo che non lo è».
E rivendica il ruolo della letteratura: «Immigrazione, droga, crisi economica, guerre. Quando un tema diventa titolo di giornale si trasforma in stereotipo. Noi romanzieri diamo a chi legge una comunicazione emotiva maggiore della cronaca giornalistica».

Da lettore, Winslow in Italia segnala un capolavoro del 1836: «Ho appena riletto il primo capitolo del Circolo Pickwick di Dickens. Davvero avvincente e magistrale…».

Il bilancio personale? «Ho avuto una carriera e un successo oltre quanto avessi mai sognato. Mi piace pensare che i lettori mi seguano perché scrivo belle storie con personaggi forti e argomenti interessanti, mostrando loro mondi dall’interno, dal punto di vista dei protagonisti».

Winslow tornerà almeno sullo schermo. Dopo Le belve di Oliver Stone (2012), è annunciata la serie tv targata FX con Austil Butler protagonista dell’adattamento di The Border.
E alla fine conferma: «In 30 anni quel che è successo mi ha spinto alla convinzione che ci fosse bisogno di una battaglia diversa per il mio paese. Sono più che certo che se Trump dovesse essere rieletto, non avremmo più gli Stati Uniti così come li conosciamo. Aveva già prodotto danni incalcolabili e non so se ci riprenderemo mai».

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