Non solo un passatempo. La lettura aiuta a migliorare se stessi e a andare oltre i luoghi comuni
La lettura insegna anche a verificare, leggendo direttamente i testi, i giudizi su alcune opere o sugli autori, per andare oltre i luoghi comuni.
La lettura sembra solo un pretesto per combattere il tedio dei nostri giorni di laica clausura: in realtà è anche una cura – come nella biblioterapia, la cura psicologica attraverso la lettura – per ampliare la nostra mente: insegna anche a verificare, leggendo direttamente i testi, i giudizi su alcune opere o sugli autori, per andare oltre i luoghi comuni. Come nel caso di Robert Louis Stevenson, scrittore considerato per ragazzi (“L’isola del tesoro”) o autore di horror (“Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”), anche se in quest’ultimo caso bisognerebbe parlare di geniale anticipazione della scissione tra io e inconscio teorizzata da Freud. La lettura di “Sermone di Natale e altri scritti religiosi” (Vita e Pensiero, con prefazione di Alberto Manguel) ci permette di andare oltre questi luoghi comuni e approfondire la conoscenza di un viaggiatore instancabile che aveva deciso di fermarsi per sempre a Samoa, un po’ per curare la sua tisi, un po’ perché il “raccontatore di storie”, come lo chiamavano i nativi, aveva scoperto il paradiso di una società a misura d’uomo (e di natura). E aveva deciso di difendere gli indigeni contro le vessazioni del cosiddetto progresso d’occidente. Dagli scritti presenti in questa antologia emerge una totale accettazione del destino da parte di un uomo che si sente nelle mani di Dio, ma non evitando le umane responsabilità, anzi: la preghiera che dobbiamo fare a Dio è di renderci attivi, capaci di mettere in pratica la Parola “nel servizio vicendevole”.
Se vogliamo continuare in questo itinerario di scrittori apparentemente lontani dalla fede e che invece si rivelano, forse più profondamente di altri, attratti dalla manifestazione divina nel civile occidente (Stevenson era stato “sedotto” da giovane dal darwinismo), dobbiamo leggerci “Bugie” di John Maxwell Coetzee, premio Nobel per la letteratura nel 2003. Scrittore asciutto, apparentemente esente da simpatie religiose, in realtà Coetzee non può fare a meno di fare i conti con il sacro, sia in “Elizabeth Costello” sia nei due libri guarda caso dedicati all’infanzia e ai “giorni di scuola” di Gesù. In “Bugie” (Einaudi) sono gli anziani ad essere protagonisti. Anzi, è una madre che bisogna – pensano i “moderni” figli – pur sistemare in una “confortevole” casa di riposo, a dare lezioni di autentico amore. Il che vuol dire gratuità, senza materiale ricompensa, e quindi ecco la madre, apparentemente sola, che in realtà ospita e sfama gatti e un povero disadattato che nessuno vuole e che lei tiene dentro casa come un familiare. Gli anticonformisti sono i vecchi, per Coetzee, e i veri conformisti i giovani, intellettuali, in apparenza a passo con i tempi, ma schiavi di parole d’ordine diventate modi di vivere vuoti e rassegnati.
Per finire, ma non di minore importanza, un classico che secondo alcuni risponde alla fatale domanda su come sarebbe accolto Gesù se vivesse ai tempi nostri: “L’idiota” di Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Un uomo estremamente buono si aggira in una Pietroburgo scenario della ricerca del piacere, del denaro, del potere, e non è capito, anzi, talvolta deriso. In realtà i critici hanno esagerato, perché Gesù in alcuni casi non è stato tenero e aveva ben chiara la propria missione, mentre il principe Myškin è ingenuo e talvolta in balìa della sua stessa bontà. Ma ciò non priva di fascino la storia dell’incontro tra la bontà assoluta e l’indifferenza di un mondo schiavo dei suoi idoli. E che ha tentato di cancellare la fede proprio perché sospettata di essere creatrice di idoli. Contraddizioni della modernità, che i libri ci aiutano a svelare.