Internet, IA e memoria: un rapporto complesso. I possibili effetti che l'uso intenso di Internet e IA potrebbe avere sulla nostra memoria

La sfida per il futuro sarà comprendere l'impatto degli strumenti di IA, che evolvono a un ritmo troppo rapido per essere studiati adeguatamente

Internet, IA e memoria: un rapporto complesso. I possibili effetti che l'uso intenso di Internet e IA potrebbe avere sulla nostra memoria

Internet sta davvero minando la nostra memoria? È una preoccupazione diffusa, tanto che l’Oxford University Press ha eletto “brain rot” (deterioramento mentale causato dal consumo di contenuti online) parola dell’anno. Ma la ricerca scientifica suggerisce un quadro più sfumato e complesso di quanto si possa pensare.

Gli studi mostrano che la tecnologia digitale può effettivamente influenzare specifiche funzioni mnemoniche. Ad esempio, l’uso del GPS tende a peggiorare la nostra capacità di ricordare percorsi, come dimostrato da uno studio del 2010 che ha utilizzato simulatori di guida per confrontare le prestazioni di chi usava il navigatore con chi non lo utilizzava. Similmente, la ricerca su Google può portarci a sovrastimare le nostre conoscenze, un fenomeno studiato approfonditamente dallo psicologo Adrian Ward dell’Università del Texas. Tuttavia, come sottolinea Elizabeth Marsh della Duke University, non esistono prove convincenti di un effetto negativo generalizzato sulla memoria.

Il concetto chiave per comprendere questo fenomeno è quello della “memoria transattiva”, teorizzato negli anni ’80: le persone tendono naturalmente a condividere il carico mnemonico con altri, siano essi familiari o colleghi. Internet ha semplicemente esteso questa tendenza, diventando una sorta di “memoria esterna” collettiva. Si tratta di quello che gli esperti chiamano “scarico cognitivo” (cognitive offloading): utilizziamo dispositivi e tecnologie per alleggerire il carico sul nostro cervello, proprio come facciamo con agende, calendari e liste della spesa.Questa strategia ha anche i suoi vantaggi: uno studio dell’Università della California ha dimostrato che gli studenti che potevano salvare un elenco di parole su computer mostravano migliori prestazioni nel memorizzare un secondo elenco. Il cervello, liberato da certi compiti, può dedicare le sue risorse ad altre attività. È un adattamento naturale alla crescente complessità del mondo dell’informazione.

L’avvento dell’intelligenza artificiale, però, sta introducendo nuove variabili. I chatbot come ChatGPT non si limitano a immagazzinare informazioni, ma le generano attivamente, talvolta con errori o “allucinazioni”. Questo solleva preoccupazioni sulla possibile incorporazione di false informazioni nei nostri ricordi, un rischio che non esisteva con le tradizionali forme di memoria esterna come quaderni o rubriche telefoniche.

Particolarmente interessante è l’impatto dell’IA sulla memoria autobiografica. Servizi come Google Foto utilizzano algoritmi per classificare automaticamente i nostri ricordi, potenzialmente influenzando il modo in cui ricordiamo il nostro passato. Ancora più sorprendente è l’emergere dei “deadbot”, avatar digitali che permettono di conversare con rappresentazioni di persone defunte generate dall’IA, aprendo nuove frontiere nel modo in cui preserviamo e interagiamo con i ricordi dei nostri cari.

Daniel Schacter di Harvard, dopo aver analizzato 11 studi sull’argomento, conclude che mentre la tecnologia può influenzare compiti specifici di memoria, non ci sono prove di un declino generale delle capacità mnemoniche. Spesso, quella che percepiamo come perdita di memoria potrebbe essere semplicemente l’effetto dell’invecchiamento o del sovraccarico informativo tipico della nostra era. Come nota Marsh, oggi cerchiamo di ricordare molte più informazioni rispetto al passato, quindi è naturale che si verifichino più frequentemente momenti in cui qualcosa ci sfugge.

La sfida per il futuro sarà comprendere l’impatto degli strumenti di IA, che evolvono a un ritmo troppo rapido per essere studiati adeguatamente. Come osserva Tali Sharot dell’University College di Londra, il potere di influenzare il pensiero e le convinzioni delle persone attraverso questi strumenti è nelle mani di poche grandi aziende tecnologiche, sollevando questioni etiche cruciali sul futuro della memoria umana nell’era digitale. La velocità con cui l’IA si evolve rende difficile per i ricercatori studiarne gli effetti a lungo termine, lasciando aperte molte domande sul suo impatto sulla nostra capacità di apprendere, ricordare e processare le informazioni.

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Fonte: Sir