“Il testamento di un idiota”, 40 anni nel settore delle dipendenze raccolti in un romanzo
Nell’ultimo libro di Sandro Cominardi, tra i fondatori di Cnca, i personaggi raccontano e si raccontano: una riflessione sulla ricerca del sé, sul tema della violenza sulle donne e sul delicato passaggio dall’infanzia all’età adulta. “Nei vissuti delle persone si possono rintracciare sintomi di un malessere che a volte finisce per esplodere: se impariamo a individuarli possiamo davvero aiutare l’altro”
Un viaggio di ricerca dentro di sé, ma anche una riflessione sul tema della violenza sulle donne e sul delicato passaggio dall’infanzia all’età adulta. Si intitola “Il testamento di un idiota” l’ultimo romanzo di Sandro Cominardi, che per quasi 40 anni ha lavorato nel settore delle dipendenze patologiche e che oggi ha deciso di raccogliere la sua esperienza sul foglio di carta, nero su bianco, in forma narrativa. “L’idea del romanzo è nata da un’osservazione: ogni giorno nella nostra società assistiamo a fatti drammatici, ma sarebbe possibile percepirne i sintomi prima che accadano? – si chiede Cominardi –. Così ho cercato di capire se, nei vissuti delle persone, si possono rintracciare dei segnali di un malessere che a volte finisce per esplodere. Faccio un esempio: io ho conosciuto tante persone che avevano delle dipendenze, ma queste non erano nient’altro che il sintomo di un malessere più profondo. Da questa riflessione ho costruito il romanzo: i personaggi si mettono in discussione e si interrogano su di sé e sugli altri, entrando in connessione con i propri bisogni e assistendo alle manifestazioni delle proprie emozioni”.
Nel romanzo, edito da Albatros, i personaggi raccontano e si raccontano: innanzitutto c’è l’io scrittore, un giornalista, che entra in crisi perché comprende di saper fare domande agli altri, ma non a se stesso. Poi ci sono due ragazze adolescenti che, attraverso un ostacolo e una grande sofferenza, maturano, legate da una profonda amicizia che diventa quasi terapeutica. La loro professoressa è Giuliana, che le accompagna come insegnante di scuola e di vita, cercando di valorizzare i suoi alunni senza però perdere il proprio ruolo di guida. E poi c’è Daniela, la madre, donna che ha subito violenza e, non abituata alla consapevolezza di sé, si illude di essere presa in considerazione mentre chi ha davanti si sta approfittando di lei. Infine c’è l’idiota, che nel romanzo è colui che non impara a farsi domande. “I personaggi femminili sono quelli più significativi: nella nostra società essere donna, madre e moglie è molto complesso – spiega Cominardi –. Sono convinto che la consapevolezza di una donna, che vive l’esperienza della femminilità e della maternità, sia più profonda”.
Sandro Cominardi, diplomato in psicometria e studioso di diversi approcci psicoterapeutici, è uno dei fondatori del Cnca - Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza. Il suo percorso è iniziato nel settore educativo, con i minori che dal collegio o dall’orfanotrofio passavano alla vita in autonomia. Successivamente, per un periodo ha lavorato con i giovani di strada, dando vita a una scuola per il recupero della licenza media, e infine è passato al settore delle dipendenze. Nel 1981 a Bologna ha fondato la cooperativa Quadrifoglio, e l’anno dopo è nata una comunità terapeutica. Oggi è rappresentante del Cnca Emilia-Romagna, membro del Forum Terzo Settore a livello regionale e fa parte della Conferenza regionale terzo settore nominata dalla giunta della Regione Emilia-Romagna. Ha già pubblicato diversi libri, tra cui “L’elefante nella gabbia del coniglio” (2005), “Voltata di spalle” (2008), “Chiamami per nome” (2011), “Stanza N. 17 tre donne per caso” (2014).