Il magistero di un laico. A quarant’anni dalla morte di Vittorio Bachelet
A distanza di quarant'anni si continua a discutere di un grande intellettuale.
«Potrei essere oggetto di un attacco anche domani stesso, quando andrò al lavoro. Ma sono pronto, sono di sposto anche al sacrificio. Sono nelle mani di Dio!». Era l’11 febbraio 1980. Vittorio Bachelet, alla celebrazione per l’anniversario dei Patti Lateranensi, aveva detto queste parole a un amico sacerdote. Accanto a lui era la moglie Maria Teresa. Alle 11.40 del 12 febbraio 1980 i brigatisti rossi lo assassinarono sulle scale dell’università.
A distanza di quarant’anni si continua a riflettere su di lui, sulla sua testimonianza, sulla “scelta religiosa”, sul suo essere un laico del Concilio.
Si farà memoria di quel magistero di cui si ebbe una traccia stupenda nelle parole del figlio Giovanni ai funerali: “Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta del la morte degli altri».
Parole che interrogarono la coscienza e ancora la interrogano.
Il settimanale dell’Azione cattolica “segno nel mondo” usciva nel marzo 1980 con il titolo “Testimone fino al martirio” e riportava un pensiero del Presidente: “Non si vince questo nostro egoismo se non riscoprendo il valore di ogni uomo perché figlio del Padre che dà la vita”.
Da questo laico, da questo marito e padre, da questo intellettuale e docente universitario, da questo servitore dello Stato quale Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, da questo Presidente di un’associazione popolare come è l’Azione cattolica, continua levarsi l’invito al dialogo tra la fede e la ragione. Il tempo non l’ha affievolito.
Custodisco un ricordo di lui che può apparire ai bordi della storia. Portava sempre con sé la corona del rosario e recitava la preghiera degli umili negli spostamenti tra un luogo e l’altro del suo servire la Chiesa e la Città.
Il ricordo di questo umile gesto quotidiano è vivo, continua a sorprendere.
Soffermandomi sullo sgranare la preghiera al ritmo dei passi chiedevo in incontri con giovani e adulti, quale significato avesse per loro.
Chiedevo perché questa preghiera, considerata spesso fuori da linguaggio del tempo, fosse sulle labbra di un intellettuale, di un docente, di un uomo delle più alte istituzioni, di un presidente.
Non ho mai chiesto una risposta. Mi veniva alla mente il magistero di un laico del Concilio: giunto alle soglie della coscienza Vittorio Bachelet lasciava che là dove l’uomo si trova solo con Dio iniziasse la ricerca, nascesse il desiderio di un incontro.