Carcere, tra sovraffollamento e divieti d’incontro interni: preoccupa la situazione alla Dozza
La denuncia del Sinappe. “Il sistema di premialità è saltato”. Nel reparto infermeria allestito un segmento detentivo che accoglie i detenuti più facinorosi o che hanno subito violenza e minaccia da altri ristretti: “Ciò che più sconcerta è l’assenza di intervento preventivo da parte dell’Istituzione carceraria”
A fronte di una capienza di 492 persone, i detenuti nella casa circondariale di Bologna sono 770. “Il meccanismo della premialità, utile anche a gestire meglio le persone detenute, è saltato – denuncia la segreteria regionale del Sinappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria –. In queste condizioni è difficile che il detenuto non incorra in sanzioni disciplinari giocandosi, di fatto, anche la possibilità di godere di sconti di pena – 45 giorni per ogni semestre. È saltato anche il sistema della vita detentiva incentrato su un incastro tra premi e sanzioni: le capacità adattive dei detenuti sono ridotte al lumicino, aspetto che non consente di rendere la quotidianità detentiva più sopportabile. Logica conseguenza, anche per noi è un inferno”. Come spesso abbiamo raccontato su queste pagine, la situazione alla Dozza è in un precarissimo equilibrio: “Presso il reparto infermeria – continua il sindacato – è stata predisposta una sezione ospitante una trentina di detenuti, con ben 14 divieti d’incontro interni, circostanza che rende oggettivamente e incontrovertibilmente impossibile il compito del poliziotto penitenziario chiamato a gestire questo contenitore di rabbia, sofferenza e regimi detentivi del tutto incompatibili”. Si aggiungano poi le problematiche più incistate: mancano educatori, mancano medici di sezione, mancano anche gli ambulatori – distrutti durante le rivolte della scorsa primavera –, sono quasi all’ordine del giorno ritrovamenti di telefoni cellulari nelle sezioni dell’alta sicurezza.
“L’aspetto che più ci preoccupa – evidenzia il Sinappe –, è quello della tutela della salute”. Come spiega, il D. Lgs 22 giugno del 1999 n. 230 ha introdotto alcune trasformazioni aventi a che fare con l’erogazione dei servizi sanitari negli istituti penitenziari. Nello specifico, il decreto ha sancito il principio secondo il quale “le persone detenute e internate hanno diritto, al pari dei cittadini liberi, all’erogazione di prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci e appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati nel piano sanitario regionale e in quelli locali”. In questo senso, il servizio sanitario dovrebbe impegnarsi ad assicurare livelli di prestazione analoghi a quelli offerti all’utenza libera.
Una situazione precaria, tanto da spingere il vice segretario regionale del Sinappe Nicola D’Amore a scrivere una nota al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria dell’Emilia-Romagna e Marche: “I segnali allarmanti provenienti dall’U.O. Infermeria/nuovi giunti continuano ad accumularsi. Siamo a conoscenza – si legge – che presso il reparto in questione esiste un segmento detentivo che accoglie i detenuti più facinorosi o che hanno subito violenza e minaccia da altri ristretti. L’aspetto più complesso per il personale di polizia penitenziaria è, senza dubbio, quello della gestione di un numero elevato di divieti d’incontro interni, circostanza che rende rischioso il lavoro dei poliziotti, chiamati a gestire il crescente disagio psico-fisico che vivono i detenuti. Il recente tentativo di suicidio verificatosi all’interno di questo segmento (un detenuto di origine straniera che voleva togliersi la vita perché impossibilitato a mettersi in contatto con la propria famiglia per questioni burocratiche, ndr) testimonia l’esistenza di una forma di malessere connessa alla privazione della libertà, ma anche alle pessime condizioni carcerarie. Ciò che più sconcerta è l’assenza di intervento preventivo da parte dell’Istituzione carceraria al fine di garantire condizioni di dignità, vivibilità e sicurezza a detenuti e poliziotti, dovuto anche all’emergenza sovraffollamento”.
Ambra Notari