Caporalato. Flai Cgil: “Bene il piano, ma mancano ancora le sezioni territoriali”
Positivo il giudizio del segretario generale Giovanni Mininni sul piano triennale del governo, ma il settore alimentare è in stato di agitazione: saltato il tavolo sul rinnovo del contratto nazionale con Federalimentare. “Se la situazione non si sblocca saremmo costretti a proclamare lo sciopero”
ROMA - Un passo avanti e uno indietro per il mondo dei lavoratori del settore agroalimentare in Italia. Ai tempi del coronavirus, tuttavia, il tema resta sullo sfondo, anche se riguarda un settore tra i più produttivi del nostro paese. In questi giorni, infatti, sono accadute due cose importanti che riguardano i lavoratori della filiera: da una parte l’approvazione di un Piano triennale contro lo sfruttamento nei campi e il caporalato, dall’altra lo scontro tra sindacati e Federalimentare che ha portato all’interruzione delle trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale per i lavoratori del settore alimentare. Il piano presentato a fine febbraio dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo, mette a tacere almeno per un po’ le voci di quanti chiedono di modificare la legge contro lo sfruttamento nei campi e il caporalato.
“Finalmente non si parla più di modificare la legge 199 del 2016 - commenta il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni - e si assume l’atteggiamento corretto: andiamo prima ad applicare la legge, verifichiamo se funziona e poi magari la cambiamo”. Il piano triennale presentato dal governo prevede una lunga serie di interventi: dalla realizzazione di un sistema informativo per monitorare il fabbisogno di manodopera, il rafforzamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, la pianificazione dei flussi di manodopera, la pianificazione e realizzazione di soluzioni abitative dignitose e di trasporti adeguati, oltre che una campagna di comunicazione per informare gli stessi lavoratori. “Il piano si articola in diverse azioni che sono soprattutto propositive e non repressive, perché c’è la legge che permette di perseguire il reato dello sfruttamento e del caporalato anche dal punto di vista penale - chiarisce Mininni -. Noi come Flai Cgil abbiamo partecipato ai tavoli che hanno portato alla definizione di questo piano importante perché guarda il tema non solamente da un punto di vista ristretto e di parte. Il tema dello sfruttamento e del caporalato si affronta con un approccio complessivo”. L’attuazione del piano, però, non sarà così immediata e la stessa emergenza coronavirus rischia di rallentarne l’avvio sui territori. “Il piano è ben fatto ma dovrà essere calato nei territori - chiarisce Mininni -. Purtroppo ad oggi solamente la Puglia ha in tutte le sue province una sezione territoriale della Rete del lavoro agricolo di qualità, il nodo territoriale dove si devono attuare le politiche propositive e di prevenzione. Se mancano le sezioni territoriali, su quali gambe camminerà il piano? Rischia di fare più fatica a procedere”. Per Mininni, quindi, il governo dovrebbe preoccuparsi in primo luogo di “costruire lo scheletro portante delle leggi”. “Con grande lentezza sono state attivate una decina di sezioni territoriali - aggiunge il segretario generale della Flai Cgil - quando la legge 199 varata nel 2016 prevedeva l’immediata creazione delle sezioni. Non c’era nessun decreto attuativo, eppure i soliti detrattori sui territori e lo stesso atteggiamento non propositivo dell’Inps ha impedito e sta impedendo che si creino le sezioni territoriali”. Se è vero che a più di tre anni di distanza dalla legge mancano ancora parecchie di queste sezioni, stavolta non si può dire che manchino i fondi per la realizzazione del piano. A sottolinearlo è lo stesso Mininni. “Per la prima volta un piano così ampio è supportato da risorse economiche - spiega -. Si parla di 85 milioni di euro messi a disposizione delle azioni da supportare”. Risorse che in larga parte serviranno a finanziare progetti proposti da enti privati a cui le istituzioni delegheranno le azioni sui territori, come spiega ancora una volta Mininni.
“Lo stato e la politica devono conservare un potere attivo di coordinamento: la politica ha la visione, le istituzioni hanno le norme e insieme a noi che operiamo sul problema possiamo fare cose importanti ma non si può pensare di delegare la risoluzione di questo problema solo al mondo delle associazioni”. Alla buona notizia del piano, tuttavia, fa da contraltare la brutta notizia per il settore alimentare che ha visto sfumare un accordo per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale dei suoi lavoratori. Una rottura tra sindacati (Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil) e Federalimentare, l’associazione di riferimento dell’industria agroalimentare, consumata quasi nel silenzio più assoluto per via dell’inaspettata escalation di casi di coronavirus anche in Italia. “La trattativa è durata quasi 6 mesi - spiega Mininni -, ma nonostante le enunciazioni che Federalimentare fa nei suoi convegni e che preannunciavano aperture su temi importanti, ci siamo trovati invece davanti ad un muro. In questi mesi siamo riusciti a definire alcune questioni come la sicurezza sul lavoro, dovendo rinunciare però a qualche nostra richiesta. Abbiamo definito qualcosa che riguarda gli appalti, la violenza di genere e il miglioramento di alcune norme, ma sul resto ci siamo trovati di fronte ad un muro”.
Come spiega bene un comunicato congiunto diramato alla rottura del tavolo, sempre a fine febbraio, secondo i sindacati Federalimentare “non ha neppure voluto affrontare adeguatamente temi quali formazione, classificazione, comunità di sito, giovani e ricambio generazionale che, in un contratto di valenza quadriennale, dovrebbero avere grande importanza anche per il futuro delle imprese”. Ma sul tavolo c’era anche la questione dei salari. “Un tema su cui ci siamo scontrati in maniera forte - spiega Mininni - perché non si riconosce che, a detta dell'Istat e di altri importanti istituti, questo è tra i settori più performanti di oggi e che molto spesso traina l’export”. L’aumento proposto da Federalimentare tuttavia risulta ancora del tutto insufficiente rispetto alle richieste dei sindacati che hanno proclamato lo stato di agitazione.
“Abbiamo bloccato la flessibilità - spiega Mininni - e domani sarà già il terzo sabato che i lavoratori del settore alimentare non stanno lavorando. Inoltre, abbiamo bloccato lo straordinario. Se la situazione non si sblocca e se Federalimentare non ci richiama al tavolo, saremmo costretti a proclamare uno sciopero per la fine di marzo”.