Vacanze sull’orlo di una crisi di nervi. Curioso parallelismo tra “Nine Perfect Strangers” (Prime) e “The White Lotus” (Now)
Tra mistery e commedia grottesca, un’umanità rotta in cerca di riparazione.
“(I’ve Had) The Time of My Life”. È il titolo del brano incoronato ai 60mi Oscar, colonna portante di “Dirty Dancing” (1987) di Emile Ardolino, film cult anni ’80. La storia d’amore tra la brillante Baby e il ballerino Johnny – Jennifer Grey e Patrick Swayze – divampava in un meraviglioso resort negli Stati Uniti anni ’60. Quei tempi sono oggi lontani, sfumati, e il racconto romance in suggestivi luoghi vacanzieri ha lasciato posto a mistery e dramedy. È questa, infatti, la linea delle serie “Nine Perfect Strangers” (Prime Video) e “The White Lotus” (Sky-Now). La prima è ambientata in un resort-spa di lusso, Tranquillum House, dove nove ospiti sono chiamati a liberare le proprie frustrazioni e prepararsi a riabbracciare la vita con sguardo rinnovato (peccato che i metodi siano poco ortodossi!); la seconda si snoda in un hotel alle Hawaii dove alcune famiglie implodono rovinosamente e poi tentano di ritrovarsi.
“Nine Perfect Strangers”. Il progetto porta la firma di un pluripremiato team: anzitutto David E. Kelley, ideatore-produttore di “Big Little Lies” e “The Undoing”; la scrittrice Liane Moriarty; infine il premio Oscar Nicole Kidman. Negli otto episodi della serie thriller-mistery si indaga su passato e pieghe dell’animo di nove ospiti accolti a Tranquillum House (tra cui Bobby Cannavale, Melissa McCarthy e Michael Shannon), come pure della sua “mistica” guru Masha (Kidman). L’impianto narrativo di “Nine Perfect Strangers” segue lo schema di depistaggi e ambiguità tipico della penna della Moriarty, un giallo che cresce gradualmente fino a un colpo di scena mozzafiato. Nell’insieme la serie convince e seduce pure, ma non del tutto; di certo siamo lontani dall’efficacia narrativa di “Big Little Lies”, per pathos e densità tematica. Il finale di “Nine Perfect Strangers” imbocca un sentiero accomodante, rischiando l’inciampo in soluzioni forzate, segnate da furbizia. Serie complessa, problematica, per adulti.
“The White Lotus”. È una miniserie in sei episodi targata Hbo, scritta e diretta da Mike White (sua è la sceneggiatura di “School of Rock” del 2003). “The White Lotus”, ambientata nella pittoresca isola di Maui, racconta la vacanza in un lussuoso hotel di un gruppo di famiglie e nel contempo le vite del personale della struttura. All’inizio tutto è composto, quasi idilliaco, poi ognuno dei protagonisti rivela debolezze e insicurezze che in alcuni casi sbandano in un delirio fuori controllo. La commedia a pennellate drammatiche irride la borghesia americana, le sue piccolezze e ossessioni; non vengono risparmiati poi temi caldi come i diritti degli afroamericani, della donna, come pure il dialogo genitori-figli o l’uso di psicofarmaci e droghe. Insomma, un caleidoscopio problematico di umanità a rischio implosione, raccontato con ironia graffiante, a tratti feroce, se non grottesca. Alla fine del viaggio molte famiglie si ricompongono non più nell’apparenza ma su sentimenti-valori autentici, rinnovati, ma per qualcuno il conto è amarissimo… Serie complessa, problematica, per adulti.