Un supporto nelle attività quotidiane. Le potenzialità della terapia occupazionale, in particolare a servizio delle persone disabili

Nonostante l’elevato fabbisogno, la terapia occupazionale è poco presente nei servizi sanitari pubblici e i professionisti privati sono pochi

Un supporto nelle attività quotidiane. Le potenzialità della terapia occupazionale, in particolare a servizio delle persone disabili

Trovarsi a casa dopo una dimissione ospedaliera importante con una nuova disabilità, anche solo temporanea, può essere un’esperienza ardua, a volte persino sconvolgente. Così come assistere una vicina di casa anziana, con i figli lontani, che giorno dopo giorno deperisce, anche se apparentemente non ha problemi fisiologici di salute e sembra in grado di badare a se stessa. Oppure avere un figlio con difficoltà gestito dal servizio sociale, che offre psicologi e sostegno a scuola, ma sentire che questo non basta per il resto della giornata. O ancora, conoscere una persona che vive un forte disagio dopo un lutto e che non riesce a rientrare al lavoro.

Queste situazioni mostrano come, nonostante l’esistenza di servizi socio-sanitari per supportare la disabilità e la fragilità, spesso si percepisce che una volta a casa, nessun servizio possa davvero aiutare. Sembra che nessuno coordini le diverse necessità, come se i pezzi del puzzle siano sul tavolo, ma ancora separati.

Pochi sanno cosa faccia un terapista occupazionale, sebbene la professione sia normata dal 1997 e da vent’anni esistano corsi di laurea per formare queste figure. Arianna Lorenzi, una terapista occupazionale, spiega: “Il terapista occupazionale è colui o colei che entra nelle case, guarda e ascolta, per rilevare i bisogni della persona e creare una rete di esperti intorno a lei”.

Lorenzi sottolinea come la disabilità significhi avere un rapporto conflittuale con l’ambiente in cui si vive: “Noi cerchiamo di rendere l’ambiente a misura della persona. Se la fisioterapia e la logopedia si occupano delle capacità del corpo e lo psicologo degli aspetti psicologici, noi supportiamo la persona nelle attività quotidiane”.

Ernesta (nome di fantasia) è rimasta vedova durante le prime fasi della pandemia di COVID-19. Senza figli e famiglia, si è spenta, e oggi vive con una sorella anziana che se ne prende cura. Ernesta soffre di depressione e dolore cronico. “Ho iniziato a lavorare con entrambe – spiega Lorenzi – per trovare i servizi giusti e creare una rete intorno al loro nucleo”. È stato necessario ripristinare il ritmo sonno-veglia e la fisioterapia per il dolore. Ma soprattutto, era urgente ricostruire una quotidianità che desse a Ernesta degli obiettivi. “Abbiamo lavorato – aggiunge Lorenzi – sull’alimentazione e sul cucinare per far riprendere a Ernesta il suo ruolo di ‘padrona di casa’”.

Molte persone non comprendono appieno la loro condizione e le cure necessarie. Esiste un programma di terapia occupazionale basato su evidenze – COTiD (Community Occupational Therapy in Dementia) – che include attività a domicilio per pazienti con demenza da lieve a moderata e per i loro caregiver. “Dieci sedute hanno ritardato l’istituzionalizzazione del paziente di due anni”, afferma Lorenzi.

Mariella (nome di fantasia) ha 50 anni e un incidente l’ha lasciata con un trauma cranico e senza il braccio sinistro. Viveva sola con un lavoro da segretaria, ma dopo l’incidente si è ritrovata sola e disorientata. “Ho incontrato Mariella – continua Lorenzi – a un corso di grafica organizzato dai servizi socio-sanitari. Era spaventata dalla sua disabilità e non si sentiva in grado di prendere i mezzi pubblici o di vivere da sola”. Lavorare sulla sua autonomia in casa, ad esempio affiggendo immagini nei cassetti per aiutarla a ricordare, è stato fondamentale. Oggi Mariella vive di nuovo da sola, con il suo cagnolino.

Giacomo, 24 anni, ha difficoltà dovute a una meningite avuta da piccolo. Ha capacità lavorative ma soffre di inerzia da danno cognitivo. L’intervento della terapista occupazionale ha mirato al suo inserimento lavorativo in un contesto reale, lavorando sulle sue autonomie e autostima. “Ora Giacomo sta per iniziare un tirocinio in una piccola azienda, inizialmente con me e poi in piena autonomia”, racconta la Lorenzi.

Nonostante l’elevato fabbisogno, la terapia occupazionale è poco presente nei servizi sanitari pubblici e i professionisti privati sono pochi. Nel 2022-23 sono stati messi a bando solo 224 posti nei corsi di laurea triennale in Italia, e 238 nel 2023-24. Questo porta la terapia occupazionale a essere praticata principalmente da liberi professionisti. In alcune regioni, come l’Emilia-Romagna, sono stati assunti terapisti occupazionali per lavorare sulle demenze, ma queste realtà virtuose sono rare.

“Lavoriamo molto – conclude Lorenzi – per fare formazione ai volontari, ad esempio dei centri sollievo. Mi sto facendo avanti con i comuni, le case di riposo e i centri diurni per raccontare cosa facciamo e perché possiamo essere utili alle famiglie”.

L’auspicio, dunque, è che progetti simili possano svilupparsi nell’immediato futuro, in modo che l’importanza e il potenziale della terapia occupazionale possano realmente costituire un aiuto e una speranza per tante persone in difficoltà.

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Fonte: Sir