Un po’ di ottimismo. Ci sono realistici motivi per guardare il prossimo anno con occhi meno tremebondi
Il 2021 soprattutto, ma anche il 2022 sono stati anni veramente buoni per la nostra economia.
È tre anni che profetizziamo catastrofi e sciagure; è tre anni che l’Italia, se cade, si rialza e continua a correre. Il 2021 soprattutto, ma anche il 2022 sono stati anni veramente buoni per la nostra economia: un po’ per l’effetto-rimbalzo dopo lo stop della pandemia; un po’ per la voglia di reagire ad ogni avversità capitataci; molto per un’imprevista voglia degli italiani di spendere, di investire, di guardare il futuro con più ottimismo.
Ma si dice in giro: vedrete il 2023, sarà tempo di penitenziàgite. Può darsi, il 2022 ci ha riservato di tutto a livello economico (eppure siamo ancora in piedi). Però – a parte che l’autoflagellazione non fa mai tanto bene –, ci sono realistici motivi per guardare il prossimo anno con occhi meno tremebondi.
Anzitutto ce lo consiglia quell’indice della fiducia degli italiani che viene monitorato mese per mese: a novembre era in crescita rispetto ad ottobre e si mantiene a livelli alti. Il Governo ha nuovamente trovato voglia e risorse per attutire gli effetti del caro-energia sul Paese; ma soprattutto su questo fronte la situazione è meglio di quanto pensassimo.
Il prezzo del metano non dovrebbe più subire le clamorose impennate d’agosto; gas e luce (che in Italia si produce col metano) rimarranno a livelli più alti rispetto al 2020, ma più contenuti rispetto all’anno che sta finendo. In più, abbiamo attivato “circuiti collaterali” per avere materia prima sufficiente per affrontare il 2023 senza drammi. L’autunno tutto sommato mite ci ha dato una mano a contenere i consumi, mentre gli italiani si guardano bene dallo sprecare per ovvi motivi di bolletta.
Se si calma la corsa delle materie prime, si raffredderà pure l’inflazione, che in Italia è spinta proprio dal caro-materie prime e non da un eccesso di consumi. Nel 2023 è prevedibile un assestamento al 5%: tanto rispetto allo zero di qualche tempo fa, ma un’altra cosa rispetto all’attuale 10% circa.
Il caro-materie prime ha addirittura frenato l’esuberanza delle nostre industrie, che sono zeppe di ordinativi ma che stanno rallentando la produzione in ragione dei costi eccessivi. I noli marittimi, l’acciaio, certi prodotti alimentari stanno calmierandosi: ne trarremo vantaggio. E infine i dati sulla disoccupazione, in continuo calo (c’è il più alto tasso di occupati dal 1977!) e soprattutto con i posti in continua stabilizzazione.
Ma tutto ciò non varrebbe se gli italiani si rifugiassero in casa, tenendo ben nascosto il patrimonio sotto il materasso. E invece non c’è segnale di una simile tendenza: pure le festività natalizie raccontano di pienoni turistici e di prenotazioni abbondanti, mentre il recente Black Friday ha fatto segnare un +10% negli acquisti.
Quindi, una volta tanto, cosa ci costa essere ottimisti?