Sport (prima e dopo la pandemia): quasi 1 minore su 5 non lo pratica

Rapporto dell’Osservatorio #conibambini. Per il 30% circa dei bambini 6-10 anni la causa dell'inattività è la condizione economica della famiglia. Pesa anche mancanza di impianti. In  Campania e Sicilia meno di un terzo pratica sport con continuità

Sport (prima e dopo la pandemia): quasi 1 minore su 5 non lo pratica

Lo sport ha un ruolo chiave nella crescita dei ragazzi, ma in pandemia si è discusso più dei disagi legati alla didattica a distanza e alle dotazioni tecnologiche, che dell’impatto su bambini e ragazzi della chiusura di impianti sportivi, parchi e luoghi dove fare sport. Con questa consapevolezza, l’Osservatorio #conibambini, promosso da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, ha presentato il rapporto nazionale sui minori e lo sport, che ha monitorato la pratica sportiva per bambini e ragazzi prima e dopo la pandemia, tra offerta di aree sportive all’aperto e presenza di palestre scolastiche.

Ne emerge che quasi 1 minore su 5 non fa sport e per il 30% circa dei bambini 6-10 anni la causa è la condizione economica del nucleo familiare. Ma già prima delle chiusure causate dal covid, nel 2019 quasi un giovane su 5 era sedentario: oltre il 18% tra i bambini di 6-10 anni e gli adolescenti di 15-17 anni, quasi il 16% nella fascia 11-14 anni e oltre il 40% tra i più piccoli (3-5 anni). Numeri, spiega il report, che tuttavia "rappresentano un miglioramento rispetto agli anni precedenti": il calo dei sedentari si rileva soprattutto nelle fasce 6-10 e 11-14. La riduzione della sedentarietà tra i giovani, segnala, ha riguardato in modo
piuttosto nitido anche la fascia più giovane, quella di età compresa tra i 3 e i 5 anni., "una classe particolare, dove anche per la giovane età storicamente l'attività
sportiva è molto meno frequente. Eppure rispetto agli inizi del decennio scorso, in
cui la quota di sedentari sfiorava il 50%, nell'ultimo biennio rilevato si è registrata
una contrazione".

Tra i più piccoli (3-10 anni) il nuoto è uno degli sport più praticati, a poca distanza dal calcio (43,7%). Tra gli adolescenti maschi (11-19 anni) si conferma la prevalenza del calcio (58,4%), del nuoto (18,9%, in calo rispetto al 39,4% rilevato a 3-10 anni), seguiti da pallacanestro, ginnastica e arti marziali (tutti attorno al 10% circa). Tra le adolescenti i più citati sono danza (28%), ginnastica (25,1%), nuoto (al terzo posto con il 23,2% dei praticanti, in calo rispetto al 48,7% della fascia 3-10 anni) e atletica leggera, footing e jogging (10,7%). Gli sport praticati sono cambiati nel corso degli anni. Tra le bambine con meno di 10 anni è aumentata soprattutto la categoria residuale degli altri sport (comprendente quelli nautici, altri con la palla come rugby e pallamano, etc.). Rispetto al passato, i maschi con meno di 10 anni praticano di più soprattutto le arti marziali (+3,9 punti), gli altri sport (+2,6), l'atletica leggera (+1,7) e il calcio (+1,4).

Inattività, pesa la condizione economica

Tra i più piccoli (3-5 anni) il motivo indicato più spesso per l’inattività è l'età del bambino; nelle altre classi di età mancanza di tempo e interesse. Ma, segnala il report, “non sono infrequenti anche cause legate alla condizione economica del nucleo familiare”: queste riguardano il 20% dei ragazzi tra 11 e 17 anni e quasi il 30% dei bambini tra 6 e 10 anni. Altra causa “non irrilevante” è legata alla mancanza di impianti o la scomodità degli orari di apertura (circa un decimo delle risposte dai 6 anni in su). “La disomogeneità dell'offerta sul territorio di servizi sportivi e impianti, - spiegano gli osservatori - ci conduce all'importanza di valutare soprattutto in chiave locale le differenze nell'accesso alla pratica sportiva”.

Sotto la media nazionale le regioni del Sud

Nel confronto tra regioni, l'attività sportiva per i giovani tra 3 e 17 anni risulta più frequente soprattutto nel Lazio, in Umbria e in Toscana: secondo i dati del gruppo Crc in queste regioni la quota di minori che fa sport con continuità supera il 60%. Mentre le regioni al di sotto della media nazionale sono tutte del Sud. In particolare in Campania e Sicilia meno di un terzo dei bambini e ragazzi pratica sport con continuità. “La condizione economica del nucleo d'origine può essere uno dei fattori che incidono. – spiegano gli osservatori - In questo senso, il fatto che le regioni agli ultimi posti per pratica sportiva continuativa tra i minori siano Calabria, Campania e Sicilia fa riflettere. Si tratta delle regioni dove, in base alle rilevazioni censuarie, si registrava la quota più elevata di famiglie in potenziale disagio. In secondo luogo, un altro fattore cruciale è anche l'offerta di impianti disponibile sul territorio. La carenza di strutture, la mancata manutenzione, l'assenza di soggetti che le gestiscano in modo strutturato e continuativo è sicuramente uno degli elementi più importanti, come messo in luce anche dalle rilevazioni dell'Istat”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)