Shapoor Safari, il cuoco afghano che fa da mediatore culturale ai minori
"Per loro siamo stati di grande aiuto e sappiamo che stanno bene. Oggi anche io spero che la mia famiglia da Kabul arrivi in Italia"
Ha cercato in tutti i modi di metterli a loro agio per capirne insieme alla tutrice ed alla responsabile di comunità, come aiutarli nei loro principali bisogni. E' quello che ha fatto, come mediatore linguistico informale, Shapoor Safari, oggi cuoco afghano a Moltivolti e dal 2002 in Italia come rifugiato politico scappato vent'anni fa dal primo governo talebano di Kabul.
"Qadim e Ibrahim sono originari di Paktia, una città che dista circa 45 km da Kabul. Sono arrivati in Italia, dopo un lungo viaggio dalla Grecia, completamente soli, pagando circa 12 mila euro - racconta Shapoor Safari -. A poco a poco sono riuscito ad entrare in sintonia con loro riuscendo a parlare pure con il loro familiari. All'inizio erano molto arrabbiati di essere rimasti in Italia perché il loro desiderio sarebbe stato quello di potere raggiungere subito Londra dove hanno dei parenti. A poco a poco, però, siamo riusciti a calmarli, dicendo loro che dovevano almeno stare un poco in Italia per potere dopo proseguire il viaggio. Sono ragazzi che, vivendo le situazioni brutte dell'Afghanistan fatte di guerra e povertà, sono cresciuti molto in fretta. Pertanto erano molto motivati su quello che avevano intenzione di fare. Alla fine sono scappati dalla comunità lo scorso maggio ma credo lo stesso che siamo stati importanti e utili per loro. Tramite il parente in Inghilterra, abbiamo saputo che in 15 giorni avevano già raggiunto Londra. Non so di loro, ma chi fugge per andare in Germania, Olanda o Inghilterra, quando inizia a lavorare nel paese dove arriva, paga poi il debito per il viaggio. Certamente, ricevendo molte pressioni dai familiari, questi ragazzi non volevano accontentarsi in Italia solo di avere un posto dove dormire e mangiare".
Dopo il recente avvento del governo talebano anche Shapoor Safari, oggi sta cercando di fare arrivare i suoi familiari in Italia. "Io, rispetto a tante altre persone immigrate, mi sento molto fortunato per il percorso di accoglienza e di integrazione che ho fatto. In Italia dal 2002, ho fatto tanti lavori per vivere. Dal 2009 sono a Palermo e oggi mi sento davvero a casa mia - racconta - come afghano e quasi palermitano. Quello che sta succedendo oggi in Afghanistan mi sta facendo soffrire moltissimo. Mi chiedo come mai, in 20 anni nessuno è riuscito ad aiutare realmente il mio Paese e anzi adesso e si tornati con i talebani al dramma del passato. Sono molto preoccupato e desidero fortemente che i miei familiari da Kabul possano arrivare al più presto in Italia. Speriamo di riuscirci con l'aiuto del governo italiano e delle organizzazioni internazionali. Spesso mi sento con i parenti e con gli amici che sono a Kabul. So benissimo che la mia gente è pronta a morire ed a rischiare la vita pur di non piegarsi al regime talebano in cui non si può vivere privati di tutti i diritti. Purtroppo la verità su tutto quello che sta succedendo in questo periodo in Afghanistan è peggiore e più brutta di quello che ci viene raccontato".
Serena Termini