Se manca un traguardo. Un anziano sociologo e un giovane filosofo di fronte a una società in crisi
Dentro questa realtà ci sono domande rivolte con forza al cristianesimo, ai cristiani.
“In Italia viviamo di dibattito. Non siamo più la società dello spettacolo ma degli eventi. Dal talk show alla parata del 2 giugno”. Giuseppe De Rita, classe 1932, una vita dedicata allo studio e all’analisi dei fenomeni sociali del nostro Paese, è tagliente.
“Si va avanti per inerzia, c’è timore del futuro e non si fanno figli per tante ragioni ma non per motivi strutturali o socioeconomici. Gli asili nido possono essere utili ma va ricreata un’idea di futuro che superi l’egoismo”.
La società tutto sommato tiene, dice de Rita, ma “è nelle sue fibre sottili che ci sono problemi, nei femminicidi, nella violenza giovanile: dove non conta il denaro ma l’esclusione e la disumanità”.
Insomma, conclude il sociologo, “gli italiani sono spaventati perché sono senza obiettivi”, perché “manca un traguardo” e “ci si accontenta che la barca vada”. Anche i giovani risentono del clima di incertezza e di paura: “la loro protesta non sfocerà in nulla di rivoluzionario”.
Si potrà anche dire che l’età incide nel giudizio del sociologo ma le osservazioni e le provocazioni che lancia trovano molti riferimenti nelle pieghe sociali e culturali della società.
De Rita segnala un rischio di cui occorre tener conto senza tuttavia chiudere gli occhi su volti e fatti di speranza che vengono da uomini e donne che non si rassegnano a camminare senza un traguardo.
C’è infatti una realtà che si accompagna a quella analizzata dalla sociologia e da altre scienze, è una strada dove non sono cancellate la tristezza e la paura ma neppure sono spente le voci della speranza e della ricerca di felicità.
Dentro questa realtà ci sono domande rivolte con forza al cristianesimo, ai cristiani.
C’è un appello che il giovane filosofo francese Jean de Saint-Cheron lancia con il libro “Chi crede non è un borghese”.
Scrive de Saint Cheron: “Insomma. il punto è questo: se noi che ci diciamo cristiani a volte siamo tentati di fuggire dalla realtà convincendoci di essere gli ultimi giusti, sia che ciò avvenga per riflesso identitario di una falsa purezza (destra), sia che sia dovuto piuttosto dl lassismo derivante da una falsa misericordia (sinistra), c’è comunque da scommettere che solo ed esclusivamente nella realtà più concreta potremo pretendere di accedere al cristianesimo dei santi, che poi è il cristianesimo di Cristo”.
Il focus è nel titolo del libro del giovane filosofo che non va letto con categorie sociologiche perché il messaggio lambisce la dimensione spirituale della vita. Ribadisce che un cristianesimo moderato, tiepido, per “personaggi ben sistemati” nulla dice a una società in affanno. Anzi è connivente con chi semina paura, false certezze, disorientamento.