Scuola come fattore di sviluppo. Il libro del neo ministro all’Istruzione
Patrizio Bianchi, Nello specchio della scuola (il Mulino, pp. 184, euro 13), è il neo ministro all’Istruzione e le parole scritte in queste pagine assumono quindi tutto il valore anche di un impegno programmatico.
Qual è dunque il suo contenuto? Docente di economia all’Università di Ferrara (rettore e docente per la cattedra Unesco in educazione, crescita e uguaglianza, un assessorato alla Regione Emilia Romagna per la scuola), Patrizio Bianchi spiega che l’Italia è il Paese d’Europa con i più bassi livelli di istruzione, i più alti tassi di dispersione scolastica e il più alto numero di Neet (persona che non lavora e non studia).
La nuova scuola deve predisporre competenze e abilità rivolte a comprendere queste nuove realtà complesse e a predisporre le persone ad affrontare un cambiamento continuo. Il rischio, dice Bianchi, è che la pandemia diventi la «coperta sotto la quale nascondere tutti i problemi accumulati nel tempo».
L’Unione europea aveva considerato come obiettivo fondamentale per una «società della conoscenza» la presenza di laureati per almeno il 40 per cento di giovani fra i 30 e i 34 anni. Nel 2019, in Italia, la quota di giovani laureati è rimasta bloccata al 27,6 per cento. Il resto dell’Ue ha già superato questo traguardo, mentre l’Italia resta indietro ed è avanti solo alla Romania. Valori molto bassi e assolutamente inaccettabili si riscontrano anche nel momento delicatissimo della transizione dalla scuola al lavoro. Non si tratta, sottolinea sempre Bianchi, di ritrovare la quotidianità della scuola dopo la sospensione dovuta alla pandemia, ma «di ridisegnare una scuola che sia fattore di sviluppo per l’intero paese».
È necessaria anche una rivalutazione della figura dell’insegnante e della sua centralità come adulto di riferimento degli alunni. È questo il momento di scegliere se attuare un vero cambiamento oppure lasciare che questa diventi l’ennesima occasione perduta. Ce la farà il neo ministro? (P. Z.)