“Salve Mater misericordiae”. Alla ricerca del manoscritto dell'antifona mariana più famosa al mondo

È il 6 luglio 1951 quando, in una cella del convento benedettino di Muri Gries a Bolzano nasce una delle antifone mariane più conosciute e cantate in tutto il mondo

“Salve Mater misericordiae”. Alla ricerca del manoscritto dell'antifona mariana più famosa al mondo

La penna scorre veloce sulla carta, seminando dietro di sé un paio di manciate di piccole e ordinate tracce di inchiostro, che si incastrano ordinatamente tra le righe, riempiendo il pentagramma. Note che, nella loro armonia a 4 voci, abbracciano le parole, alle quali è stato riservato il rigo centrale, e che, ancor prima di essere cantate, prendono vita nella penna che le affida alla carta e nella mente di chi quella penna la guida.

Tratti essenziali e decisi, quasi degli sbaffi che incrociano il rigo, che nascondono una tenerezza infinita, semplice e spontanea, che nella loro dolcezza arriva dritta al cuore.

Salve Mater misericordiae, Mater Dei et Mater veniae, Mater spei et Mater gratiae, Mater plena sanctae laetitiae, o Maria!

“Salve madre di misericordia, Madre di Dio e madre del perdono, madre della speranza e madre della grazia, madre piena di santa letizia, o Maria!”

È il 6 luglio 1951 quando, in una cella del convento benedettino di Muri Gries a Bolzano nasce una delle antifone mariane più conosciute e cantate in tutto il mondo (qui  nell’esecuzione dello statunitense Beatus Choral Ensemble, postata su Fb il 27 luglio 2020, ma registrato nel novembre dell’anno precedente, prima che il mondo venisse travolto dalla pandemia), un’antifona per coro misto a quattro voci a cappella, per accompagnare un antico inno gregoriano di origine carmelitana. A comporla è p. Oswald Jaeggi (1913-1963), monaco benedettino originario della Svizzera.

Oscar Jaeggi nasce a Basilea il 3 gennaio 1913. Alle elementari, oltre ad imparare a leggere e scrivere, inizia a prendere confidenza con note e pentagramma. Ha 12 anni quando assiste all’esecuzione, da parte del suo insegnante, don Otto Rippl, della sua “seconda composizione”, un “Tantum ergo” a due voci. A 14 anni arriva ad Einsiedeln, dove frequenta il ginnasio e dove continua ad approfondire le sue conoscenze musicali. Conseguita la maturità, inizia il noviziato nell’abbazia benedettina di Einsiedeln prendendo il nome di Oswald. Durante questo periodo dirige un piccolo coro nella scuola del monastero e riceve lezioni di canto, direzione corale, armonia e contrappunto da p. Otto Rehm. Ordinato sacerdote nel 1937, si reca a Roma per studiare al Conservatorio pontificio. Lo scoppio della seconda guerra mondiale lo costringe ad interrompere gli studi. Nel 1940 fa ritorno ad Einsiedeln dove viene assunto come insegnante nella “Stiftschule”. Riesce a completare gli studi solo nel 1947 e nel 1948 riceve a Roma il dottorato. Sempre nel 1947 succede a p. Rehm come Kapellmeister dell’abbazia e diviene membro dell’Associazione svizzera dei musicisti. Nel 1950, dopo aver lavorato per un breve periodo a Hauterive, arriva nell’abbazia benedettina di Muri-Gries a Bolzano, dove viene mandato ad assistere il Kapellmeiter dell’abbazia, Anton Mayr, che era gravemente malato. Alla morte di Mayr, nel 1952, Jaeggi ne raccoglie il testimone divenendo Stiftskapellmeister e direttore della Kantorei “Leonhard Lechner”, dell’Associazione orchestrale di Bolzano e fonda, secondo quelli che erano i progetti del suo predecessore, il Kammerchor (coro da camera) “Leonhard Lechner”, che in breve tempo divenne famoso ben oltre i confini provinciali e che ancora oggi è una formazione considerata garante dell’interpretazione della musica corale ad alti livelli.

Quando Jaeggi arriva a Bolzano, la guerra è finita ormai da cinque anni, ma le ferite provocate dal conflitto sono ancora aperte. Il regime fascista, con l’obiettivo di “italianizzare” il territorio sudtirolese, aveva chiuso tutte le scuole di lingua tedesca e aveva proibito qualsiasi forma di trasmissione della lingua e della cultura tedesca. Niente scuole di musica e niente lezioni di educazione musicale a scuola, né direttori di coro e organisti. Gli organi in provincia o erano stati danneggiati da bombardamenti o avevano bisogno di essere restaurati. Ma per fare questo erano necessari dei fondi, che all’epoca venivano impiegati per ricostruire le case. In quel contesto la cultura musicale tirolese poteva essere vissuta e tramandata solo attraverso la musica sacra.

Jaeggi arriva dalla Svizzera. Era un uomo libero, che aveva intrecciato la sua vita di monaco e musicista con le correnti e gli stili degli ultimi decenni, conoscenze che mette al servizio del processo di ricostruzione culturale in Sudtirolo. “Era un musicista molto esigente – racconta al Sir il benedettino p. Urban Stillhard –. Molte volte arrivava a prove con nuove composizioni, che voleva far eseguire dal suo coro. Provava soprattutto i passaggi più difficili e non di rado accadeva che perdesse le staffe se i coristi non esprimevano, nella loro esecuzione, quelle che erano le sue intenzioni. Per le parti più facili, invece, una lettura veloce doveva essere più che sufficiente prima della prima esecuzioni in pubblico”. E di “prime” di brani di Oswald Jaeggi, la Kantorei e il Kammerchor Lechner ne hanno fatte parecchie. “Era facile che durante le prove p. Jaeggi apostrofasse con durezza i coristi – aggiunge p. Urban – i coristi, sottolineando però, una volta che la prova era finita, che il rimprovero era rivolto al cantante e non alla persona”.

“Fin dal nostro primo incontro – ricordava nel marzo 2023 il compositore e critico musicale Andrea Mascagni (1917-2004) – mi suscitò, come avviene per le personalità elette, una forte impressione: persona dai tratti incisivi, dal conversare schietto e per nulla concessivo. Il musicista di evidente temperamento, di solida cultura si manifestava appieno”. 

In un intervento pubblicato nel 1957 sul periodico “Musica Sacra”, p. Jaeggi, parlando di sé, affermava: “Ogni giorno cerco di adempiere a tutti i miei doveri. Se devo scrivere tutto quello che voglio, che ho già per così dire promesso, allora ho bisogno di circa 6 anni. Che Dio mi doni la vita e la forza necessarie!”. P. Jaeggi morirà 6 anni più tardi, nel 1963, nell’ospedale svizzero di Glarus, dove era stato ricoverato per un’embolia polmonare. Aveva 50 anni.

Come ricorda la ricercatrice e musicista Ursula Torggler, smisurata è la produzione musicale di p. Jaeggi, che era anche un apprezzato tenore. Il benedettino ha messo in musica 7 ordinari (ordinarium) e 16 propri (proprium), ha scritto circa 150 mottetti, salmi, cantici, versetti principali, canti e antifone, 23 opere per organo, alcune opere per pianoforte e strumentali, una quarantina di composizioni profane e opere teatrali, tra le quali ricordiamo “Tommaso Moro”. Tra i tanti spartiti, c’è anche la “Prosa ‘Salve Mater’”. Il pentagramma autografo del celebre inno mariano, conosciuto e cantato in tutto il mondo, è conservato oggi, incorniciato e protetto da un vetro, nel convento di Muri-Gries a Bolzano. P. Urban Stillhard lo ha chiesto ai confratelli di Einsiedeln – dove sono conservati quasi tutti i manoscritti originali – a ricordo di quanto Jaeggi ha fatto per e con la Kantorei e il Kammerchor “Leonard Lechner”.

Martedì prossimo, 25 aprile, ricorrono i 60 anni della morte di p. Jaeggi (il 3 gennaio è stato il 110° anniversario della sua nascita) e per l’occasione il Verband der Kirchenmusik Südtirol (VKM), che riunisce i cori parrocchiali di lingua tedesca presenti in Alto Adige, organizza l’annuale giornata diocesana a Bressanone. In cattedrale, ad animare la s. messa, sono attesi 600 coristi, provenienti da ogni parte della provincia. Come annuncia il VKM sulle sue pagine Ig e Fb, in memoria di Oswald Jaeggi, la celebrazione eucaristica si concluderà con l’esecuzione corale del “Salve Mater”.

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Fonte: Sir