Riaprire le scuole, chiudere gli stadi. "Liberiamo i giovani imprigionati”
Appello in quattro punti del neuropsichiatra Alberto Pellai, che denuncia: “Molti adolescenti non vengono convocati dalle aziende sanitarie e i tamponi effettuati in farmacia con esito negativo non permettono di riottenere il Green Pass: così restano prigionieri, anche finito l'isolamento”
Riaprire le scuole, semmai chiudere gli stadi: più che una proposta, è una provocazione, quella che il neuropsichiatra Alberto Pellai lancia, per tornare ad accendere i riflettori sulla complicata condizione che continuano a vivere i giovani nell'era della pandemia. Da un lato, si torna a parlare di didattica a distanza e pesa l'incertezza sulla riapertura delle scuole dopo la pausa natalizia: gli studenti che oggi, in diverse regioni, sarebbero dovuti tornare in classe, sono stati rinviati a lunedì, con poche ore di preavviso e una didattica a distanza annunciata ma difficilmente messa in pratica, a causa dello scarso preavviso. E mentre il 10 gennaio viene indicato come il giorno di riapertura per tutte le scuole, 2 mila presidi hanno firmato l'appello al governo perché la riapertura sia rinviata almeno di due settimane. Probabilmente non se ne farà nulla, ma il clima è incerto e le idee dei ragazzi confuse, rispetto al loro futuro prossimo.
Nel frattempo, molti di loro sono risultati positivi a un tampone, eseguito spesso in assenza di sintomi, ma “per sicurezza”, prima di riunirsi tra loro o con i familiari per uno dei tanti appuntamenti natalizi. Tanti sono anche tornati negativi, nel frattempo, ma per un corto circuito burocratico sono di fatto ancora “imprigionati”, come riferisce Pellai, che fin dall'inizio della pandemia ha manifestato le sue preoccupazioni per le sorti dei più giovani e ora torna a richiamare l'attenzione sulla loro condizione: “Moltissimi adolescenti oggi sono prigionieri in casa non a causa dell’emergenza covid, ma a causa dell’emergenza tamponi – scrive in un post - Prima dell’inizio delle vacanze di Natale, molte scuole hanno avuto tanti focolai epidemici che hanno portato al riscontro di numerosi tamponi positivi tra gli studenti adolescenti. Perciò loro sono entrati in isolamento e le loro famiglie in quarantena. Moltissimi tra noi hanno trascorso le vacanze di Natale in un lockdown, dovuto al tampone positivo di un figlio contagiatosi a scuola nel mese di dicembre. Sono passati molti giorni dalla diagnosi di positività e molti ragazzi sono diventati negativi, oltre che essere sempre stati asintomatici. La quasi totalità è vaccinata e in una percentuale consistente ha già effettuato anche la terza dose. La negatività al test è stata verificata con tamponi di auto-sorveglianza, in attesa di ottenere una convocazione dalle aziende sanitarie di competenza per chiudere ufficialmente l’isolamento e poter ottenere la riattivazione del green pass”.
Eppure, riferisce Pellai, “molti non vengono convocati dalle aziende sanitarie e i tamponi effettuati in farmacia con esito negativo non permettono di riottenere il green Pass. Tra l’altro i medici di famiglia si dichiarano impotenti e impossibilitati ad effettuare certificati di guarigione in assenza di tampone molecolare. Si passano giorni al telefono, in coda davanti agli hub per poi sentirsi dire che lì si effettuano solo tamponi diagnostici. Intanto i ragazzi restano chiusi in casa, condizione che sappiamo essere la peggiore per loro”.
Insomma, “c’è qualcosa che in questo momento non funziona e che fa danni a tutti, ma in particolare ai giovanissimi. Gli adolescenti ora non temono più il virus, ma temono sempre più il sistema che li tiene intrappolati in casa senza motivo. E più in generale, tutti stanno imparando che sottoporsi ad un tampone diagnostico è un’operazione che è meglio evitare perché dà l’accesso ad un girone infernale dal quale si rischia di non uscire più. No, così non va bene”.
Le quattro priorità per i prossimi giorni
Che fare, allora? Ecco quattro indicazioni pratiche, o meglio “priorità per i prossimi giorni”: primo, “effettuare solo tamponi a scopo diagnostico e non di tracciamento. L’inutilità e l’impossibilità di perseguire la strategia del tracciamento attraverso i tamponi in questo momento è evidente a tutti”; secondo, scuole aperte: “Chiudere gli stadi e garantire in modo assoluto l’apertura delle scuole per il 10 gennaio. Anche solo ipotizzare che le due cose possano risultare invertite appare semplicemente paradossale”. Terzo punto, questo di ordine burocratico e organizzativo, “sbloccare lo status del green pass di migliaia di persone (sono soprattutto studenti) che pur avendo tamponi negativi e certificati di guarigione sono intrappolati nelle loro vite perché nessuno riattiva il loro documento. Molti dei nostri figli non potranno rientrare a scuola e molte persone non potranno andare a lavorare se questa cosa non viene definitivamente risolta al più presto possibile. Basterebbe rendere efficace per il ri-ottenimento del green pass l’esito del tampone antigenico effettuato in farmacia. Sulla carta si dice che questo è possibile. Nei fatti si riscontra che questo non accade. E’ paradossale perché un tampone positivo effettuato in farmacia certifica la condizione di malattia, mentre la sua negativizzazione non serve a chiuderla. Ministro Roberto Speranza scrivo a lei, convinto che basta davvero poco per risolvere questa situazione. Serve autorizzare la riattivazione del Green Pass (ora Super Green Pass) in seguito all’effettuazione di tampone in farmacia, naturalmente dopo che se ne riscontra la negatività”. Quarto, “fornire informazioni e procedure chiare per i positivi asintomatici vaccinati: chiuderli in casa, comporterà il blocco totale della nazione”.
Chiara Ludovisi