Reddito di cittadinanza, 10 mosse per migliorare il testo di legge
Rafforzare l’intervento sociale, potenziare la collaborazione con enti locali e terzo settore e investire sulla valutazione d’impatto della misura. L’Alleanza contro la povertà riprova a farsi ascoltare dalla maggioranza. Ecco le proposte di modifica al testo del Rdc in Parlamento
ROMA - Mantenere attivi i Punti unici nei Comuni per far fronte alle numerose richieste di chiarimenti che arriveranno, recuperare l’approccio multidimensionale del Rei, gestire l’invio ai servizi come al pronto soccorso, dando priorità ai casi più urgenti, rafforzare la collaborazione con enti locali e terzo settore, potenziare il fronte dell’assistenza sociale nei comuni e investire nella valutazione (non solo al monitoraggio) dei risultati ottenuti. Sono queste alcune delle dieci “mosse” da fare per potenziare il Reddito di cittadinanza (Rdc) voluto dal governo, secondo l’Alleanza contro la povertà che prova ancora una volta a farsi ascoltare dalla maggioranza in Parlamento. In un documento presentato oggi, alcune proposte di modifica al decreto 28 gennaio 2019, n.4 elaborate dopo le audizioni presso la Commissione Lavoro del Senato proprio sul Reddito di cittadinanza. Dieci punti su cui intervenire, dall’avvio della misura alla presa in carico, su cui converge “la gran parte di coloro i quali sono impegnati a vario titolo nella lotta alla povertà”, spiega il testo, ma soprattutto proposte che “paiono coerenti con il disegno del Rdc, che, pertanto, potrebbero rafforzarlo”.
Il testo diffuso dall’Alleanza è chiaro: per ogni punto vengono esplicati obiettivi e proposte. Si parte con la necessità di massimizzare l’informazione ed orientamento dei potenziali utenti, evitando il loro “disorientamento” e il “sovraccarico” di lavoro per chi dovrà gestire le domande (Caf e Poste). Per questo, l’Alleanza chiede di “non disperdere l’esperienza maturata con i Punti unici di accesso comunali previsti dal Rei”. Sebbene con il Rdc non sarà più possibile presentare domanda ai Comuni, l’Alleanza chiede di non perdere “il patrimonio di competenza accumulato” dando ai Punti unici la funzione di orientamento sui percorsi di inclusione sociale, di responsabilità dei Comuni, appunto. Ulteriore aspetto da migliorare resta quello dell’approccio multidimensionale alla povertà, anche per rispondere alle necessità dei servizi non ancora strutturati di seguire al meglio i futuri beneficiari. Secondo l’Alleanza, occorre “modificare gli attuali criteri utilizzati per determinare l’invio ad uno dei percorsi indicati, basati esclusivamente sul pronostico di occupabilità dei componenti adulti del nucleo” e, invece, prendere anche in considerazione sia il profilo socio-anagrafico del nucleo, che le condizioni di tutti i suoi componenti, spiega il documento. “Se si pensa a qualunque aspetto della povertà non legato all’assenza di lavoro, la parzialità di questi criteri balza agli occhi. L’esempio emblematico riguarda i minori, i quali (né adulti né occupabili) ‘non esistono’ per i criteri attualmente in uso”.
Per far fronte alla vasta platea di potenziali beneficiari, inoltre, l’Alleanza propone - almeno nella fase iniziale - di gestire le richieste dando un ordine di priorità temporale nell’invio ai servizi. Come si fa, ad esempio, con i codici del pronto soccorso. “Nel breve periodo difficilmente tanto i Cpi quanto i Comuni potranno prendere in carico l’intera, notevole, mole di nuovi utenti”, spiega il documento. L’Alleanza, inoltre, chiede che i percorsi di presa in carico siano “flessibili nel tempo”, grazie ad una “progettazione integrata delle risposte”. Ovvero, occorre rafforzare la possibilità di ricevere servizi o interventi sociali anche a chi approda ai Centri per l’impiego, dotando questi ultimi di strumenti di valutazione necessari. Tutto questo, però, attraverso la definizione di linee guida per il coordinamento tra Cpi e Servizi Sociali Comunali che coinvolgano gli enti locali. L’obiettivo principale, infatti, è “costruire insieme le risposte”. Per l’Alleanza è necessario “rafforzare le modalità di collaborazione tra i diversi soggetti coinvolti, a vario titolo, nella lotta alla povertà al fine di costruire risposte integrate”. Oltre al coinvolgimento degli Ambiti territoriali, l’Alleanza chiede che siano coinvolti anche “gli enti del terzo settore, delle parti sociali, delle forze produttive del territorio e della comunità territoriale nelle attività di promozione degli interventi di lotta alla povertà”.
Una “armonizzazione” necessaria, aggiunge il documento, anche per far convivere l’erogazione del Rdc con le misure regionali contro la povertà. Per governare una misura tanto ambiziosa quanto complessa come il Rdc, per l’Alleanza serve anche un “sistema programmatorio integrato Stato-Regioni-Ambiti Territoriali” che lavori su obiettivi specifici, peculiarità dei territori e verifica dei risultati. Secondo l’Alleanza, il sistema programmatorio “dovrebbe riprendere quello previsto dal D. Lgs. 147/17 (in particolare art. 8, 13 comma 2 e 14) - ovvero quello del Rei - , migliorandolo dove necessario”. In tutto questo, il ruolo delle Regioni diventa cruciale sia nella programmazione dei servizi, che nella promozione delle diverse collaborazioni tra tutti gli attori coinvolti. Tra le richieste, anche quella di reintrodurre il Comitato per la lotta alla povertà e l’Osservatorio per la lotta alla povertà.
Nonostante l’attenzione politica e mediatica sia concentrata sui navigator, per l’Alleanza occorre non sottovalutare il versante della presa in carico sociale. Per questo, il documento chiede di “incrementare l’occupazione degli operatori sociali, la cui assenza danneggerebbe fortemente l’attuazione del Rdc”. I fondi ci sono, spiega l’Alleanza, ma è necessario che vengano assicurai ai Comuni a cui va “estensa le possibilità per le assunzioni” in deroga ai vincoli degli Enti Locali. Per l’Alleanza, inoltre, è necessario che il nuovo personale sia assunto a tempo indeterminato. “Oggi ciò non avviene, nella maggior parte dei casi: ciò assesta un colpo fatale alla possibilità che un nuovo welfare locale metta radici nel nostro Paese”.
Tra le questioni da affrontare, anche il riconoscimento della realtà delle persone senza dimora, con le segnalazioni della Fiopsd. Per l’Alleanza, infatti, occorre tenere conto delle effettive condizioni dei senza dimora nell’accesso al Rdc e nei successivi passaggi. Inoltre, non meno importante, è la sicurezza degli operatori, come sottolineato dalla proposta del Consiglio nazionale Ordine assistenti sociali (Cnoass) finalizzata ad incrementare la sicurezza di professionisti ed operatori coinvolti nel Rdc per “prevenire e gestire gli episodi di violenza, segnalare eventi sentinella e sottoscrivere protocolli operativi con le forze dell’ordine.
Infine, l’Alleanza chiede uno sforzo (anche economico) affinché, affianco al monitoraggio della misura, venga condotta anche una valutazione di quanto fatto, sia per “rafforzare la capacità di imparare dall’esperienza dell’attuazione del Rdc”, che per “rendere possibile un dibattito pubblico e trasparente”. Per questo, l’Alleanza chiede di destinare annualmente 2.5 milioni di euro del Fondo per il Rdc ad attività di monitoraggio e valutazione e di istituireun organismo tecnico-scientifico che operi in piena autonomia per garantire la raccolta di dati empirica sul funzionamento della misura.(ga)