Quando la filosofia incontra la vita. "Niente caffè per Spinoza" è un libro assai attuale, nonostante sia stato scritto prima della pandemia
In un romanzo di Alice Cappagli un anziano malato e una badante improvvisata riscoprono l’arte di vivere leggendo Hegel e S. Agostino.
“Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì perché tu eri dentro di me e io fuori”.
Certo, questa celebre citazione dalle Confessioni di S. Agostino è stata più volte ripresa, e giustamente, perché la bellezza di cui parla il vescovo di Ippona si riflette anche nelle sue parole: talvolta le parole riescono a restituire alcuni degli abissi – difficilmente esprimibili – dell’animo umano. L’occasione di una sua ripresa è venuta dal romanzo di Alice Cappagli, tra l’altro violoncellista nell’orchestra della Scala, “Niente caffè per Spinoza” (Einaudi, 2019, 269 pagine).
Un libro assai attuale, nonostante sia stato scritto prima della pandemia, perché affronta alcuni problemi emersi drammaticamente durante il lockdown, soprattutto quelli della vecchiaia e delle cosiddette badanti: un universo, quest’ultimo, che investe categorie vastissime di persone, da chi arriva da paesi lontani a chi si mette alla ricerca di lavoro perché ne ha necessità e a chi, come nel caso di Maria Vittoria, si trova improvvisamente, dopo una vita tutto sommato senza grossi problemi economici, “per strada” e deve cominciare a ripensare al proprio destino. Una crisi lenta e inesorabile porta la protagonista all’ufficio di collocamento e alla conoscenza di un vecchio professore di filosofia, cieco e gravemente malato.
Sarà lui a dare – di nuovo – lezione di umanità e saggezza chiedendo all’apprendista badante di leggergli ogni tanto dei passi di Spinoza, che piace molto all’anziano, il quale non potrebbe prendere caffè, e però fanciullescamente evade spesso le prescrizioni (di qui il titolo), Hegel, S. Agostino, Bergson, Galileo, Epitteto ed altri. Ma non è un libro di divulgazione filosofica, tutt’altro. L’autrice riesce a dare, con un tratto leggero e apparentemente noncurante, il senso della solidarietà tra persone colpite dal dolore e che però, in modi diversi, reagiscono, permettendo alla vita di rifarsi largo tra medicine, affitti da pagare e affitti “regalati”, separazioni, figli che non trovano ancora la loro strada. Un’altra dimostrazione di come la lettura, anche quando gli occhi non aiutano più, possa diventare senso e aiuto, a patto che questa lettura sia accompagnata, come accade nel racconto, da una leggera aura di amicizia, di passeggiata, di escursioni fuori casa anche quando gli occhi non ti aiutano più. Se qualcuno gli dona il proprio braccio per camminare, il professore contraccambia con la consegna della chiave del senso profondo della lettura, lontano dagli scolasticismi e dalla retorica, in un sereno accompagnarsi per le strade toscane, parlando di caffè e di filosofia.