Presentazione del Report del volontariato padovano 2020 con una ricerca dell'Università di Padova su volontariato e pandemia
Per il quinto anno il Centro Servizio Volontariato provinciale di Padova ha analizzato la situazione del mondo del Terzo Settore padovano attraverso un Report che ne fa una fotografia al 2020.
L'impegno nella ricerca e documentazione del CSV, previsto per Legge, è portato avanti in stretta collaborazione con l'Amministrazione comunale e con l'Università degli Studi di Padova per poter offrire un quadro quanto più approfondito e rappresentativo delle dinamiche in corso.
Ciò che emerge è che il Terzo Settore padovano è in buona salute ed ha retto, per il momento, alle ripercussioni del Covid19.
Le organizzazioni censite sono 6.570 con un aumento di 104 unità rispetto al 2019, con una crescita più evidente nel comune di Padova (+51) e nei comuni di Abano Terme (+18) e Camposampiero (+18).
A Padova risulta pertanto 1 organizzazione no profit ogni 100 abitanti, mentre nella provincia risulta una presenza di 0,7 organizzazioni ogni 100 abitanti costante negli ultimi anni.
A livello economico, si tratta per lo più di piccole organizzazioni, con entrate annuali inferiori a 30.000 euro che si reggono in gran parte su contributi privati compreso il 5 per 1000. Si differenziano le organizzazioni che operano in ambito socio-sanitario le cui entrate principali derivano da contributi pubblici, per lo più per servizi in convenzione.
La provincia di Padova si conferma prima in Veneto per il 5x1000, con una media ad associazione di 8.298 euro di entrate all'anno grazie alle scelte dei contribuenti.
Un ampio focus del Report 2020 è dedicato all'emergenza Covid attraverso due diverse indagini.
Una è stata condotta dal CSV Padova e Rovigo con un questionario indirizzato alle associazioni del territorio per raccogliere le necessità e le principali problematiche, poco dopo il primo lockdown.
Tra gli aspetti più rilevanti il fatto che il 58% delle organizzazioni ha continuato ad operare, anche se prevalentemente in modalità a distanza e il 56% delle associazioni si è attivato con attività specifiche legate all'emergenza, spesso nuove rispetto alle attività ordinarie, dimostrando una buona capacità di resilienza.
La maggior parte delle associazioni ha potuto contare su una stretta collaborazione con l'ente pubblico.
Le principali attività sospese sono relative ad iniziative culturali e ricreative.
Il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell'Università degli Studi di Padova ha svolto una indagine, in due tempi, sulle motivazioni dei volontari che si sono attivati all'interno del progetto “Per Padova noi ci siamo”. Il questionario ha esplorato tre ambiti:
Per quanto riguarda l'esperienza di volontariato pregressa di queste persone, la maggior parte dei partecipanti ha o ha avuto esperienza di volontariato sia episodico che organizzato ma il 43% dei rispondenti non stava svolgendo alcun tipo di volontariato prima di iniziare il progetto. Questo dato indica che questo gruppo di persone si è attivato appositamente per l’emergenza Covid-19.
Nell'indagine sono inoltre state approfondite le motivazioni, le dinamiche socio-politiche per capire come valorizzare questa esperienza, al di là dell'emergenza.
Alla luce dei risultati, anche della seconda fase di indagine, il quartiere diventa una realtà, un soggetto da non sottovalutare per l'attivazione delle persone: risulterà – suggeriscono i dati - più probabile attivare forme di volontariato legate a problemi del quartiere.
La centralità del quartiere potrebbe suggerire la necessità di orientare politiche pubbliche focalizzate ad attivare forme di volontariato di quartiere, ma anche nuove figure professionali adibite all’attivazione e sostegno di reti informali di vicinato che la crisi ha più volte documentato come possano essere funzionali per combattere solitudini ed emarginazione
Per Emanuele Alecci, presidente del CSV di Padova e Rovigo “Il report ha l’obiettivo di far conoscere il volontariato della nostra Comunità. I numeri ci confermano non solo che ci troviamo di fronte ad un mondo in espansione, ma che anche nell’anno del cosiddetto lockdown il valore economico sociale del volontariato è continuato ad essere inestimabilmente prezioso per tutto il nostro territorio. Tutto ciò anche grazie al grande lavoro che con caparbietà si è realizzato attraverso il riconoscimento di Padova Capitale Europea del Volontariato. Gli effetti di questo lavoro lo riscontreremo per ancora molti anni. Sarà una grande sfida per tutti e specialmente per la Pubblica Amministrazione che dovrà non solo fidarsi di più del nostro volontariato ma dovrà aprirsi a forme di collaborazione e coprogettualità mai sperimentate”.
Per Massimo Santinello, dell'Università degli Studi di Padova “Emerge ora l’esigenza di capire cosa spinge le persone ad attivare comportamenti pro-sociali, cosa muove le persone nel loro quartiere, nella loro città, cosa le aiuta a “rimanere”, a stare in un contesto di solidarietà. Lungi dall’essere una ricerca che offre risposte definitive, la raccolta di informazioni sul progetto “Per Padova noi ci siamo” ci sta aiutando a capire perché una città si attiva spontaneamente,
scoprendo che le risposte come sempre sono complesse. Abbiamo bisogno di una cultura del volontariato, non di un bisogno di volontariato. Speriamo che questo l’emergenza l’abbia insegnato”.
L’assessora al volontariato del Comune di Padova Cristina Piva sottolinea: “Padova è una città che, anche sull'onda del titolo di Capitale Europea del Volontariato, ancora una volta si colloca ai vertici di questo mondo solidale. L'amministrazione non deve ignorare questa positiva evoluzione.
Una città che spontaneamente sceglie di essere protagonista del mondo del volontariato ha bisogno di un nuovo modo di relazionarsi con l'istituzione pubblica, la quale deve mostrarsi aperta e sensibile perché il volontario possa riconoscersi in essa e si attivi nella comunità.
Fonte: Comune di Padova