Pnrr, il Cese: “Un’opportunità per contrastare la disoccupazione giovanile in aumento in Europa”

Il parere del Comitato economico e sociale europeo esorta i governi nazionali a usare i fondi dei piani nazionali per la ripresa per migliorare le competenze dei giovani, promuovere tirocini retribuiti e salvaguardare la salute mentale nelle scuole e sul lavoro. “Un’opportunità unica, da cogliere attraverso una governance inclusiva”

Pnrr, il Cese: “Un’opportunità per contrastare la disoccupazione giovanile in aumento in Europa”

Il Pnrr come opportunità per contrastare la disoccupazione giovanile, cresciuta in molti stati membri a causa della pandemia. È il parere d’iniziativa del Comitato economico e sociale europeo (Cese), che esorta gli stati membri a utilizzare i fondi dei piani nazionali per la ripresa per creare posti di lavoro dignitosi e di qualità per i giovani e rendere i mercati del lavoro europei più inclusivi. “I piani nazionali per la ripresa rappresentano un'opportunità unica – afferma la relatrice Nicoletta Merlo nel suo intervento alla sessione plenaria del Cese – che è necessario cogliere grazie ad una governance inclusiva e nel quadro di un dialogo aperto e trasparente”.

Secondo il parere del Cese, i Pnrr dovrebbero riservare un'attenzione particolare al miglioramento delle competenze dei giovani che ne abbiano bisogno, all’incentivare i contratti a tempo indeterminato e le condizioni di lavoro dignitose, che limitino il rischio di ritrovarsi in un'occupazione precaria. Un occhio particolare va riservato alle giovani donne, grazie anche a servizi pubblici per l'impiego efficienti.

Per frenare gli abbandoni scolastici, poi, è necessario promuovere tirocini di qualità, vietando i tirocini non retribuiti e stabilendo una retribuzione dignitosa per tutti i tirocinanti. Infine, è auspicabile introdurre un sistema universale di protezione sociale che garantisca tutti i lavoratori, indipendentemente dall'età o dal tipo di contratto di lavoro, e fare in modo che il Fondo sociale europeo+ venga sfruttato meglio, in tutte le sue potenzialità. Infine, è importante non dimenticare la questione della salute mentale e dei disturbi psicosociali, in particolare tra i giovani, fornendo un sostegno adeguato nelle scuole e nei luoghi di lavoro.

“Purtroppo, nel processo di elaborazione dei Pnrr non si è svolta nessuna significativa consultazione delle parti sociali, delle organizzazioni giovanili o di quelle della società civile, che ora andranno coinvolte nella fase di attuazione e monitoraggio – afferma Merlo –. In questo modo potremo tutelare il dialogo sociale a livello nazionale, che è essenziale per garantire che le risorse finanziarie pubbliche siano adeguatamente investite per realizzare una ripresa inclusiva: vogliamo che gli Stati membri creino posti di lavoro di qualità e servizi inclusivi per i giovani, in particolare per quelli con disabilità o con vulnerabilità”.

Studiando i casi relativi a cinque piani nazionali per la ripresa, infatti, emerge che la questione della disoccupazione giovanile viene affrontata in maniera non risolutiva. Ad esempio, il Pnrr italiano suggerisce di avvalersi del piano nazionale di attuazione della garanzia per raggiungere i Neet (giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo), ma i dati più recenti indicano un funzionamento inadeguato della garanzia: oltre due terzi dei giovani iscritti nel corso del 2018 attendevano un'offerta da più di un anno.

La crisi pandemica ha dato un ulteriore colpo: secondo i recenti dati Eurostat, in Europa un giovane su sei sotto i 30 anni ha perso il lavoro a causa delle ripercussioni economiche della pandemia. In diversi paesi europei il tasso di disoccupazione giovanile è fortemente aumentato: in Spagna nell'agosto 2021 si attestava al 40 per cento, quasi tre volte superiore alla media dell'Unione europea, e anche l'Italia registrava un tasso particolarmente elevato, con il 30 per cento di giovani disoccupati. Il rischio è che questi numeri siano perfino sottostimati, perché non tengono conto di quei giovani che non presentano domanda di indennità di disoccupazione né si iscrivono alle agenzie di collocamento. E poi c’è chi lavora per una piattaforma digitale oppure in nero, con stipendi molto bassi.

La crisi pandemica ha determinato inoltre un aumento dei Neet: la loro situazione è ulteriormente peggiorata a causa degli abbandoni scolastici, dell'assenza di un orientamento adeguato, della mancanza di opportunità occupazionali e della perdita di posti di lavoro. In media sono più donne che uomini, e il numero è maggiore nei paesi dell'Europa orientale e in Italia.

“I Neet presentano il rischio più elevato di emarginazione, di povertà e di esclusione permanente dal lavoro – conclude il Cese nel parere –. L'incapacità dei sistemi d'istruzione, educativi e sociali di prevenire il fenomeno o di ridurne il numero è la spia del fallimento di politiche efficienti e che godono di un ampio sostegno volte a promuovere le pari opportunità in Europa”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)